Mercoledì, 13 Novembre 2013 | Scritto da: didattica

“RICCARDO ROBERTO L’UOMO CHE DIEDE

GLI OTTO GIORNI AL RE”

IL NUOVO LIBRO DI FABIO BAILO PRESENTATO PRESSO LA BIBLIOTECA DI CANALE D’ALBA

5^ INCONTRO DEL POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE PER L’A.S. ‘13/’14

Spesso la storia dimentica di narrare le vicende di uomini e donne singolari che, con le loro azioni, quella storia hanno contribuito a scriverla. Proprio di questo si è parlato venerdì 22 novembre 2013 grazie alla presentazione del lavoro di Fabio Bailo Riccardo Roberto l’uomo che diede “gli otto giorni” al re (Ed. Albesi MediaGranda). L’appuntamento è stato organizzato dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese (I.C. di San Damiano d’Asti), dal Museo Arti e Mestieri di un Tempo, dall’Associazione Franco Casetta e dalla Biblioteca di Canale che ha ospitato l’incontro.

Fabio Bailo, nato nel 1977 a Bra (Cn), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche presso l’Università diTorino con una tesi dedicata al turbolento periodo di storia braidese che va dalla Prima Guerra Mondiale all’emergere del Fascismo. Negli anni seguenti collabora con l’Istituto Storico della Resistenza e della società contemporanea di Cuneo e provincia.  Si scorgono in queste ricerche la passione per la Storia e le storie del territorio che portano Bailo nel 2005 a co-fondare, con Carlo Petrini, Gina Lagorio e Rosella Fissore, l’Istituto Storico di Bra e la rivista trimestrale Bra, o della felicità, pubblicazione che dirige fino al 2011. Nel 2010 Bailo vince il dottorato di ricerca in Tradizioni linguistico letterarie nell’Italia antica e moderna presso l’Università del Piemonte Orientale (Vercelli). Ha recentemente pubblicato Paolo Farinetti e la XXIª Brigata Matteotti “Fratelli Ambrogio” (Eataly, 2013).

La serata è stata introdotta da Livio Berardo dell’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo che ha sapientemente tratteggiato il periodo storico nel quale si muove il personaggio. Livio Berardo, nel suo intervento, ha posto l’accento sul fine lavoro storico dell’autore.

Questo saggio tenta di colmare il vuoto creatosi negli anni attorno ad un personaggio sconosciuto ai più. Per scoprire chi fosse bisogna andare al 1879 quando Riccardo Roberto vede la luce ad Alba. Nasce in una famiglia colta e benestante. Dopo la laurea in legge presso l’Università di Torino torna ad Alba, dove esercita la professione di avvocato. Durante gli anni dello studio si avvicina al socialismo e s’iscrive al partito. La sua è una scelta consapevole e attuata anche grazie alla lettura in lingua originale dei testi di Marx ed Engels. Nel corso del tempo diventa un avvocato di fama ma, contemporaneamente, cresce il suo impegno politico tanto da essere definito “l’Achille del socialismo italiano”. Al termine della Prima Guerra Mondiale viene eletto alla Camera dei Deputati prima tra i socialisti e, poi, nel partito comunista nato anche grazie al suo contributo.

Riccardo Roberto è un uomo ecclettico, particolare e inconsueto: fine conoscitore della musica, ciclista, motociclista, amante della montagna, pratica lo sport a livello agonistico. Non solo, la sua passione politica la manifesta in ogni piccolo paesino delle Langhe e del Roero, con la pioggia o con il sole, prima a piedi, poi in bici e in moto. Vuole conoscere la gente, il popolo, comprendere i suoi problemi perché è convinto che solo in questo modo la politica può raggiungere davvero il cittadino. Nei primi anni, spesso si trova di fronte a piazze vuote perché sia i sindaci sia i parroci locali, fanno di tutto per impedire i suoi comizi con i mezzi più diversi: concerti delle corali o delle bande, campane suonate a distesa…

Inizialmente desiste dai suoi intenti poi, al contrario, questi contrattempi accendono in lui la voglia di non arrendersi e, proprio per questo, riesce a parlare sempre e a farsi ascoltare anche perché è uno straordinario oratore popolare in piemontese. Per Riccardo tentare di creare una struttura socialista vuol dire ragionare sulle situazioni dei piccoli contadini per aiutarli a uscire dalla devastante (e inconcepibile per noi) povertà di quegli anni.  Cerca di organizzare i lavoratori che incontra, di renderli coscienti della propria situazione e dei propri diritti e, alla fine, i numeri lo premiano. Al termine della Prima Guerra Mondiale nella zona ci sono molte sezioni socialiste. Solo a Canale si contano sessanta iscritti mentre ad Alba ce ne sono novanta. Riccardo Roberto si spende anche per la pace. Infatti, essendo richiamato alle armi, viene destinato in diverse località poiché, ovunque si trova, fa propaganda pacifista e, per questo, viene continuamente traferito. Alla fine è deportato a Fenestrelle e, sebbene non siano disponibili fonti ufficiali, pare che l’arresto sia dovuto al suo presentarsi in servizio con una pistola di latta al posto di quella di ordinanza per non essere obbligato a sparare e uccidere. Viene liberato grazie all’intervento di Filippo Turati.

Nonostante i suoi meriti, non riesce subito a capire la portata del Fascismo che, a suo avviso, è solo l’ultimo conato del corpo in putrefazione della borghesia. Quando lo comprende, si convince che, per vincerlo, occorre che tutte le forze si uniscano in una lotta comune di opposizione.

Per le sue convinzioni è processato. Grazie alla sua magistrale autodifesa, sono costretti ad assolverlo. Propongono per lui anche il confino ma riesce a evitarlo. Decide allora di salvare la sua vita e le sue idee e, spesso, gli vengono in aiuto le sue formidabili doti atletiche che gli consentono di difendersi o di fuggire in caso di agguati. In ogni caso, vista la sua bravura in qualità di avvocato, i notabili fascisti sono suoi clienti. Dopo il 1943 aderisce alla lotta di liberazione. Nel 1958 muore.

Il libro tenta di rendere onore non solo a lui ma a tutti quelli che collaborarono con lui, che soffrirono e pagarono come e più di lui. Purtroppo la sua figura è stata dimenticata forse perché, dopo la guerra, rimase con una visione del presente rivolta al passato… In ogni caso Riccardo Roberto ci lascia un’idea alta della politica, vista come servizio, e la convinzione che, per migliorare la cittadinanza occorra, in primo luogo, migliorare se stessi con impegno per poter costruire nel presente una nuova società.

Prossimo incontro venerdì 29 novembre 2013 alle 21 presso il Castello di Cisterna d’Asti. Maria Cristina Saccuman presenterà il libro Biberon al piombo. L’impatto dell’inquinamento sulla salute dei bambini (ed. Sironi). Il libro parla dell’influenza dei neurotossici. Gli agenti neurotossici entrano, fin dal concepimento, nel corpo dei bambini attraverso aria, cibo e oggetti. l’impatto degli inquinanti sullo sviluppo può avere conseguenze gravi, soprattutto sul cervello: limiti in termini di abilità cognitive e comparsa di patologie dell’apprendimento. Questo è il primo libro in Italia dedicato all’argomento. Introduce la serata Luca Anibaldi.

Giovanna Cravanzola

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