Lunedì, 4 Maggio 2009 | Scritto da: didattica

CON-VIVENZA E PROCESSI CO-OPERATIVI. EDUCARE ALLA CONVIVENZA O CONVIVERE L’EDUCAZIONE?

Professor Walter Fornasa

( docente di Ecologia dello sviluppo, Psicologia dell’ambiente e Psicologia dell’educazione alla Facoltà di Scienze della formazione dell’università di Bergamo)

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“EDUCARE ALLA CONVIVENZA O CONVIVERE L’EDUCAZIONE?” domanda amletica a cui si è cercato di dare una risposta nel castello di Cisterna con il professor Walter Fornasa, docente di Ecologia dello sviluppo, Psicologia dell’ambiente e Psicologia dell’educazione alla Facoltà di Scienze della formazione dell’università di Bergamo incontro, ottavo appuntamento del POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE DELLA DIREZIONE DIDATTICA DI S. DAMIANO D’ASTI che si è tenuto venerdì 8 maggio 2009.

Molte le presenze a partire da una folta rappresentanza dell’ amministrazione del Comune di Cisterna d’Asti – che da sempre partecipa, condivide e accompagna le proposte della scuola - ai genitori, agli insegnanti a semplici cittadini attenti a queste tematiche.

Numerosi spunti sono stati offerti dal relatore a partire da una riflessione sul concetto di convivenza e dei luoghi comuni al riguardo. Ecco alcuni esempi: spesso si parla di convivenza civile ma la convivenza, in forza dello stesso termine, può essere incivile?

Con altrettanta frequenza si affrontano progetti sulla convivenza mentre non si parla di come si prepara pensando che sia un concetto che possa essere “insegnato e imparato” come una qualsiasi disciplina.

Ma che senso ha oggi parlare di convivenza in una società altamente competitiva? Com-petere o con-vivere? Siamo sistemi viventi o conviventi?

Si possono costruire azioni comuni solo mediante un lavoro in comune.

Può nascere un processo di con-vivenza nella scuola di oggi?

I ragazzi, talvolta, imparano a scuola ad essere cittadini con- viventi in una società con altri presupposti dove ci si basa prioritariamente sulla concorrenza.

La scuola co-operativa lavora sul senso dell’ altro e della solidarietà come presupposti essenziali nella consapevolezza che la co-operazione è fondamentale nella vita civile.

La co-operazione, infatti, è un processo evolutivo di co-costruzione di interdipendenze tra sistemi a fronte di un problema recepito come comune.

Il gioco ad esempio, è una costruzione sociale di competenze: se giochi, sai metterti in gioco.

La co-operazione sociale è la più difficile da costruire perché vuol dire cedere parti di se stessi per costruire con gli altri. Per farlo occorre essere in grado di costruire scambi guidati dalla reciprocità in una relazione di scambio paritario.

A volte non basta lavorare su un problema comune ma occorre saper costruire quel problema in comune.

Per far questo, in primo luogo, è essenziale lavorare sulla propria cultura per attrezzarsi a capire quella altrui.

Infatti per giocare in un gioco reciproco, occorre percepirsi simili agli altri per trovare risonanze. Nella paritarietà non vengono annullate le differenze ma si è in grado di comprendere l’altro. Nel modello competitivo tutto ciò non si verifica: o si vince o si perde anche se, come spesso ha sottolineato il prof. Fornasa, l’etimologia latina della parola competere sta a significare “chiedere insieme”.

Proprio questo, la formulazione di un problema “insieme” è presupposto di cittadinanza.

La co-operazione, inoltre, è fonte di regolazione (che sta a significare l’accordo di una misura), dissocia il soggettivo dall’ oggettivo: nella co-operazione si sperimenta la propria capacità di regolarsi con l’altro.

E infatti le regole sono indispensabili e fondamentali per mediare ma devono essere costruite e condivise proprio da chi le deve rispettare.

Nella competizione si risponde solo a regole esterne che pesano e spesso non sono comprese.

Nella CON- VIVENZA (o CITTADINANZA) ATTIVA, invece, le regole sono interne e non possono rimanere sempre identiche in un contesto che cambia.

Co-operare vuol dire prendersi carico di un altro che, comunque, invade il nostro spazio con la consapevolezza che anche l’altro ha un problema che sono io.

Un altro spunto di riflessione offerto dal prof. Fornasa è stata la considerazione che molte persone vivano l’ambigua situazione di sentire da un lato la necessità impellente di “connettersi, collegarsi…” ( pensiamo ad internet) mentre dall’ altro lato desiderino, con la stessa intensità, di scindersi. Come se vivessero al proprio interno un dissidio lacerante.

Invece per con- vivere, co-operare… occorre prendersi cura ma anche lasciarsi prendere in cura per costruire insieme un’ecologia sociale del Buon Vivere e delle Buone Relazioni di Vita.

Dall’ altro lato, il modello competitivo toglie questa sensibilità perché non attrezza a badare all’ altro.

Il BENE IN COMUNE è una costruzione lenta, che richiede tempi, spazi e costanza per poter mettere radici e anche germogli ma serate così partecipate, specie da parte di persone comuni, fanno ben sperare che qualcosa si possa costruire.

“Conviviamo in questa comunità di pratiche, di storie personali e di narrazioni del mondo… che emozioni!”.

8 maggio 2008: Intanto fuori splendeva una bellissima luna rossa che probabilmente avrà anche voluto dire qualcosa e sicuramente l’ha fatto…almeno per qualcuno in particolare.

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