”IN PRIMA LINEA A NOWO POSTOJALOWKA.
LA CAMPAGNA DI RUSSIA DI GIACOMO ALBERTI ALPINO DELLA CUNEENSE“
13^ INCONTRO POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE PER L’A.S. ‘14/’15
In occasione delle Manifestazioni per il 70 esimo anniversario della Liberazione e della Battaglia di Cisterna e S. Stefano Roero, venerdì 13 febbraio 2015 - presso la Biblioteca Comunale di Canale d’Alba - si è tenuto il primo di una lunga serie di appuntamenti inseriti all’ interno del calendario “Recuperi – amo”. L’incontro dal titolo ”In prima linea a Nowo Postojalowka. La campagna di Russia di Giacomo Alberti alpino della cuneense”, è stato organizzato dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese, l’Associazione Franco Casetta e il Museo Arti e Mestieri di Cisterna d’Asti. A introdurre la serata Tiziana Mo che ha rivolto ai presenti i saluti degli
organizzatori.
Ha preso poi la parola Giorgio Ferraris, maestro elementare, nato il 3 aprile 1952 a Ormea, dove vive ed è l’attuale sindaco (carica che ha già ricoperto altre volte in passato). E’ stato consigliere regionale. Ha scritto (e pubblicato con Araba Fenice) “Alpini dal Tanaro al Don”, sulle vicende dei Battaglioni Ceva e Mondovì al fronte russo e del libro dal quale è stato tratto il titolo dell’ incontro. Ferraris, in primo luogo, ha voluto rendere note le motivazioni che hanno portato alla stesura di questo secondo volume nato dalla sua passione per le tragiche vicende degli alpini della cuneense sul fronte russo ma, soprattutto, dall’incontro con Giacomo Alberti, uno dei pochi sopravvissuti a quella triste esperienza. Nato da una famiglia poverissima nel 1921 a Caramagna, oggi frazione di Imperia, Giacomo Alberti venne arruolato giovanissimo negli alpini e, successivamente, nel Battaglione Pieve di Teco che faceva parte della Divisione Alpina Cuneense. Il 17 luglio del 1942 cominciarono a partire le tradotte verso il fronte e il Pieve di Teco fu l’ultimo battaglione a muoversi da Cuneo. Di quei giorni Alberti raccontava: “Si diceva che l’esercito tedesco aveva conquistato quasi tutto, che ormai la guerra stava per finire e che noi avremmo dovuto andare a presidiare le montagne del Caucaso…” pertanto venivano mandati messaggi rassicuranti alle famiglie. Lo stesso Giacomo scriveva “… Intanto siamo sicuri di andare in Russia solo per fare un viaggio di avventura, andare a visitare paesi e vedere tante cose nuove che solo così avremo modo di vedere per me è molto interessante pensare che attraverseremo l’Europa e andremo a finire in Asia dove tutto sarà strano per noi…. Di lassù vi manderò dei soldi… se proprio dovrò trovarmi in condizioni di non poter farne a meno ve lo scriverò… ma chissà quanta roba ci daranno laggiù e ne ho già un bel po’…”.
Purtroppo, si accorsero ben presto che la loro destinazione era cambiata. Così alpini abituati a muoversi sulle montagne, si trovarono a presidiare la prima linea del fronte sul fiume Don cosa che, ovviamente, non fece piacere neppure agli ufficiali ma gli ordini si dovevano eseguire. Nei primi mesi, la vita passò tranquilla e anche noiosa lungo la zona da sorvegliare e, tranne qualche disagio, era ancora difficile comprendere per Giacomo e i suoi compagni cosa fosse davvero la guerra. Ancora il 10 gennaio 1943 scriveva ai parenti: “ … Si sta bene… io non sono mai stato così allegro, sono grasso come un maiale, mangiare si mangia, si dorme e si canta, si gioca a carte, si raccontano favole, si cerca il modo più adatto per fare passare il tempo…”
Invece, pochissimi giorni dopo, la situazione precipitò: l’esercito russo aveva iniziato l’accerchiamento dei reparti italiani, tedeschi e ungheresi schierati sull’alto Don. Venne dato l’ordine agli italiani di ripiegare e i soldati, benché preoccupati, pensarono si trattasse solo di arretrare alle posizioni precedenti. Ma non tutti partirono: venne dato l’ordine di lasciare un plotone a coprire le spalle al resto del battaglione. Di quel plotone, guidato dal tenente Bruzzone, faceva parte anche Giacomo. Avevano l’ordine di creare dei diversivi affinché i russi non si accorgessero che gli alpini stavano abbandonando le loro posizioni. Successivamente sarebbe arrivato qualcuno con l’ ordine di raggiungere il resto del battaglione ma il plotone. Così accadde ma il plotone non riuscì a riunirsi ai compagni. Ormai decimati, si ritrovarono a combattere nella terribile battaglia di Nowo Postojalowka dove perirono tragicamente un numero incredibile di alpini. Dopo giorni e notti terribili, Giacomo e i suoi due compagni superstiti, si ritrovò nella colonna della Tridentina e, nonostante un congelamento ai piedi, riuscì a tornare fortunosamente a casa. Qui, dopo un periodo trascorso con le prime formazioni partigiane ma, disgustato dalla guerra e dalle tante morti di cui è stato testimone, rimase poi in clandestinità fino al termine del conflitto.
Successivamente, con impegno e fatica, diventò un importante imprenditore nel settore caseario ma non dimenticò mai i terribili eventi di cui è stato protagonista e, soprattutto, la battaglia di Nowo Postojalowka di cui, non essendo rimasto in vita nessun ufficiale a raccontarla ed essendo ignoti i nomi dei luoghi ai sopravvissuti, per molti anni non si seppe nulla. Gli anni del ritorno per i reduci furono difficili per molti motivi: dopo la guerra erano visti come coloro che avevano voluto combattere con i tedeschi o come quelli che, con stratagemmi loschi, erano riusciti ad aver salva la vita sacrificando quella dei compagni. In realtà, nonostante le continue richieste dei parenti, era molto difficile per un sopravvissuto poter raccontare la sorte terribile di chi non ce l’aveva fatta inoltre, dal ’46 al ’55, furono liberati dai sovietici i prigionieri di guerra che erano riusciti a sopravvivere alle disastrose condizioni dei campi di prigionia. Per questo motivo, per anni, in molte famiglie rimase accesa la speranza di un ritorno dei loro congiunti dispersi.
Per la maggior parte di loro non fu così e un dolore ricorrente, dovuto al fatto di non poter conoscere le condizioni in cui erano morti i loro cari, colpì un numero enorme di famiglie. Purtroppo, sovente, molti di questi giovani non vennero neppure ricordati se non come numeri di un disastro. Basti pensare da che Cuneo, nell’estate del 1942, gli alpini erano partiti su 200 tradotte mentre ne furono sufficienti 17 per riportare a casa i resti di questo corpo d’armata nel 1943. Ferraris ha sottolineato che, grazie agli appunti che riuscì a scrivere nei giorni successivi ai fatti, la testimonianza di Alberti è stata sempre precisa e piena di dettagli utili per il suo lavoro.
Purtroppo Giacomo Alberti, dopo aver vissuto queste vicende ed aver meritato la Medaglia d’Argento al Valor Militare, la nomina a Cavaliere del Lavoro, per un tragico destino, è morto durante un incidente stradale il 23 marzo 2012 ma, anche grazie a questo libro, la sua testimonianza non verrà sicuramente dimenticata. La serata è stata accompagnata musicalmente dalla Corale di S. Stefano Roero che, grazie alla disponibilità dei suoi componenti, ha trasportato i presenti in quei giorni quando molti giovani che, spesso, persero la vita senza neppure capire chi fossero i loro veri nemici.
Il prossimo incontro del Polo Cittattiva, organizzato in collaborazione con l’Associazione Franco Casetta si terrà giovedì 19 febbraio 2015 presso la Biblioteca di Canale per la presentazione del libro “Cuneo 1944-1945 assassini, violenze, torture. Il delitto Galimberti. La primavera delle vendette” ( Ed. Araba Fenice) di Sergio Costagli. Il libro narra la tragica fine di Galimberti. L’autore architetto, ha lavorato fino al 1997 presso la Regione Piemonte Settore Difesa assetto idrogeologico specializzandosi in dissesti naturali conseguendo, nel corso degli anni, molte qualifiche. E’ autore di numerosi articoli di storia locale, ha pubblicato nel 1999 con Gerardo Unia, Ali spezzate, cinquant’anni di incidenti aerei sulle Alpi Occidentali, Ed. L’Arciere. Nel 2004, pubblica Guerra aerea: 1940-1945, bombardamenti a Cuneo a cura dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Cuneo. Con Aldo Sacchetti il volume Guerra nell’ombra: il Servizio X nella Resistenza, Ed. Primalpe, 2005. Nel 2012, il volume Ezio Aceto. Diario di un guerrigliero 1943-1944, Ed. Primale e, nel 2013, SAR-7 ne rèpond plus. Introdurrà la serata Fabio Bailo.