GIANNI OLIVA RACCONTA IL TRAGICO RAPIMENTO AL CASTELLO DI CISTERNA D’ASTI
21^ INCONTRO DEL POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE PER L’A.S. ‘17/’18
REGISTRAZIONE DELL’INCONTRO IN FORMATO MP3
Venerdì 6 aprile 2018, il Polo cittattiva per l’Astigiano e l’Albese ha raggiunto un traguardo importante. Infatti, si è tenuto il 200esimo incontro. Per l’occasione, al Castello di Cisterna d’Asti, è stato presentato “Il caso Moro” (Ed. del Capricorno), l’ultimo libro dello storico Gianni Oliva. L’iniziativa è stata organizzata dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di S. Damiano d’Asti, da Museo e Comune di Cisterna d’Asti, dall’Israt, dalla Fra Production
Spa e dall’ Aimc di Asti. “Nei giorni scorsi, si è celebrato il quarantennale dei 55 giorni che hanno segnato un momento importante per la grande storia ma anche per ciascuno di noi” ha detto Mario Renosio (Direttore dell’Israt) introducendo l’incontro. Infatti, quasi tutti ricordano quel giorno e le immagini del volume rappresentano un’intera epoca. Questa tragedia ha condizionato gli studi successivi che sono stati prevalentemente svolti da giornalisti. Sul caso, aleggiano ancora molti misteri tanto che, fino a poche settimane fa, c’era ancora una commissione parlamentare specifica. Ovviamente, su questo dramma si innestano quelli di un partito e, soprattutto, di una famiglia per giorni in terribile attesa. Il libro, attraverso foto, documenti e spiegazioni, affronta tutto ciò. Partendo da queste riflessioni, Oliva ha dipanato la storia di quei giorni, con le molte versioni e interrogativi. Il libro parte dalle indagini della magistratura. Per alcuni, Moro venne ucciso dal Kgb, per altri dalla Cia o dal Mossad però queste illazioni non sciolgono il nodo di fondo: perché rapire lo statista se lo scopo era la sua uccisione? Di fatto, in via Fani, vengono sparati 95 colpi e 45 colpiscono gli agenti, le auto della scorta ma non sfiorano Moro. Il rapimento viene organizzato nell’autunno del 1977 ma i primi obiettivi sono Fanfani e Andreotti. Solo successivamente, Moro diventa la vittima designata (Fanfani è in declino mentre i movimenti di Andreotti sono imprevedibili). Lo statista è un abitudinario e le sue giornate sono scandite sempre allo stesso modo. Inoltre, le auto della scorta su cui viaggia, non sono blintate. Queste ultime sono destinate a soggetti ritenuti più esposti. Durante il rapimento, vengono uccisi cinque agenti: troppo inaspettata l’azione per difendersi anche perché, probabilmente, il pericolo è stato sottovalutato: fino ad allora era impensabile che le Br arrivassero a tanto. Di certo, queste ultime, non vogliono fare vittime civili, a differenza di Prima Linea. Il loro è un fanatismo preoccupato esclusivamente di colpire il nemico (forze dell’ordine, dirigenti d’industria…). Ancora oggi, non è chiaro come sia avvenuta la fuga perché gli unici testimoni dell’azione rimangono i terroristi che, nel corso degli anni, hanno sempre aggiunto particolari alla vicenda. In ogni caso, quasi tutti i testimoni oculari del sequestro hanno anche parlato della presenza di una Onda bianca con due persone a bordo ma, a oggi, non ne è stato definito il ruolo. Le Br, con il rapimento, sono al culmine della loro storia ma è anche l’inizio della fine. La loro è una visione delirante di un mondo dominato da uno “Stato imperialista delle multinazionali” al cui vertice si trova la Dc. Per questo, Aldo Moro è considerato un uomo al servizio degli Usa. Il suo rapimento, nelle intenzioni delle Br, dovrebbe scatenare le masse operaie, una vera e propria sommossa civile capace di rovesciare l’ordine precostituito. In realtà, le cose vanno diversamente perché tutta l’Italia risponde indignata. Per comprendere la nascita di queste formazioni, occorre tornare agli anni ’60: un’ Italia contadina e arretrata impatta con la crescita economica esponenziale del boom economico. La prima frattura esplode con il movimento studentesco del ’68 a cui si aggiunge quella operaia dell’autunno caldo del ’69, fatto isolato rispetto al resto dei Paesi. La contestazione si mescola con la protesta rabbiosa di operai alienati. Una miscela esplosiva che sembra spostare l’Italia a sinistra, un’ illusione in anni di guerra fredda. Nasce così la sinistra extraparlamentare che vede un Paese potenzialmente rivoluzionario ma bloccato da un sistema politico reazionario. Lo scontro di piazza è necessario per spezzare le catene attraverso la protesta ma, ben presto, si trasforma in azione. Sono anni di piombo e tritolo. Tornando al rapimento, in cambio della vita dello statista, viene richiesto il rilascio di alcuni terroristi che non avviene. Così, dopo 55 giorni di prigionia, l’onorevole Aldo Moro viene trovato morto, colpito al petto da nove colpi. Non sono servite le lettere durissime che invia al Papa e ai colleghi di partito chiedendo che si faccia qualcosa per salvargli la vita. La sua morte, però, segna la fine delle Br. Uccidono Moro per sopravvivere: la guerra è persa, il popolo si è mosso compatto in difesa dello Stato e quest’ultimo non tratta. Rimangono, però, tanti punti oscuri. Se è vero che l’azione fu compiuta da un gruppo di individui, chi li ha fiancheggiati? Oscure sono anche le modalità del ritrovamento del corpo. Di certo, da questa triste vicenda, nascono i Corpi Speciali dello Stato (voluti dal generale Dalla Chiesa), nuove indagini speciali e archivi ma, soprattutto, la Legge sui pentiti grazie alla quale gli autori di questi terribili azioni oggi sono tutti in libertà. È il prezzo che lo Stato ha dovuto pagare per vincere la guerra al terrorismo ma che sono come sale sulle ferite ancora aperte dei parenti delle vittime.
Giovanna Cravanzola