“LA VERITA’ SUL PROCESSO ANDREOTTI”
GIANCARLO CASELLI A CISTERNA D’ASTI PER PRESENTARE IL SUO ULTIMO LIBRO
20^ INCONTRO DEL POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE
REGISTRAZIONE DELL’INCONTRO IN FORMATO MP3
Dopo due anni, il dott. Giancarlo Caselli è tornato al Castello di Cisterna d’Asti per
discutere del suo ultimo libro “La verità sul processo Andreotti” (Ed. Laterza). L’incontro si è tenuto 26 marzo 2018 al Castello di Cisterna ed è stato organizzato dal Polo Cittattiva
per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di S. Damiano d’Asti, da Museo e Comune di Cisterna d’Asti, dalla Fra Production Spa e dall’ Aimc di Asti. “È sempre un piacere, un onore e un motivo di fiduciaintrodurre un incontro con Caselli” ha detto il giornalista Marco Neirotti che ha discusso del libro con l’autore. Il libro, come ha sottolienato Neirotti, poggia sulla parola verità e ha due volti: il processo all’ onorevole Andreotti e il suo reale percorso accanto all’indagine sui legami tra crimine organizzato, finanza e politica. Partito nel 1993 da un’indagine su Andreotti, il processo termina nel 2004 con una esplicita sentenza della Corte di Cassazione che afferma come i fatti indagati siano “…processualmente rilevanti e significativi ai fini della configurabilità del reato contestato” . Eppure, l’onorevole viene assolto e rimbombano ancora le parole di esultanza: ”Assolto!Assolto! Assolto!” dall’ avvocato, Giulia Bongiorno. Qualcosa non quadra: colpevole o innocente? In realtà, per ragioni tecniche, il reato riconosciuto è caduto in prescrizione. Sempre la Cassazione recita: “Per questa ragione, in presenza dell’assoluzione dubitativa pronunciata dal Tribunale, ha applicato la causa estintiva della pena – la prescrizione – nel frattempo maturata, assumendo non essere evidente la prova dell’innocenza dell’imputato”. Il libro non è un processo ad Andreotti ma su ciò che avvenne perché pochi sanno come andarono le cose anche a causa dei giornali che, senza approfondire minimamente, scrissero di un’assoluzione piena in realtà mai avvenuta. Nel suo intervento, il dott. Caselli ha ripercorso quanto accaduto in quegli anni. La verità su questa vicenda è contenuta negli atti processuali ma sono le sentenze che contano e sono composte da motivazioni e dispositivo. Sarebbe bastato che gli organi informativi leggessero il dispositivo (di sole 8 righe) perchè c’era scritto chiaramente che il reato era stato commesso. L’imputato aveva coltivato rapporti con organizzazioni mafiose, sapeva di reati gravissimi e non ne aveva fatto parola. Esistono addirittura testimoni oculari che confermarono questi incontri come Francesco Marino Mannoia, un pentito collaboratore di giustizia. L’assoluzione, quindi, è un’invenzione. Il reato fu commesso ma, essendo accaduto prima del 1982, era stato prescritto. Però, su giornali e programmi televisivi, si continuò a insistere sull’assoluzione costruendo per Andreotti l’immagine di uno statista perseguitato da una magistratura deviata. Addirittura Tommaso Buscetta (il primo pentito a collaborare con Giovanni Falcone) già nel 1985 aveva parlato di Andreotti anche se non aveva voluto approfondire le connessioni tra mafia e politica sostenendo che il Paese non era ancora pronto per sapere. Purtroppo, questo contrabbando di notizie false, contribuì all’aggressione di tutti coloro che stavano indagando: si era vicini al contenimento della mafia ma la strada era diventata in salita. La seconda parte del libro, prende spunto dal questo processo, per dedurre che la storia della mafia diventa vincente per riduzionismo o negazionismo. Per quanto riguarda il primo aspetto, si riduce al folclore la presenza di esponenti mafiosi all’interno delle istituzioni. In realtà, questi rapporti hanno ancora oggi un respiro nazionale. Il negazionismo, invece, respinge nettamente ogni connessione. Chi lotta contro queste situazioni, rischia in prima persona. In Italia sono state decapitate tutte le strutture pubbliche che non volevano avere relazioni con la mafia. Neirotti e Caselli hanno sottolineato che oggi la mafia si approccia in modo più cortese e subdolo e si adatta alle esigenze delle situazioni da affrontare. Prima c’era il pizzo, oggi è una mafia silente che agisce attraverso il non detto, l’accennato. Nel sud, ad esempio, il politico diventava il padrino di battesimo del figlio del boss mentre oggi i rapporti sono meno manifesti ma persistono. Ciò che appare più evidente, è che il popolo italiano è stato truffato rispetto al processo Andreotti perché nessuno, di destra o di sinistra, ha voluto approfondire informando l’opinione pubblica correttamente. Preferendo parlare di assoluzione (cosa impossibile in quanto il reato era stato commesso), si sono coscientemente cancellati i fatti come se non fossero mai avvenuti o, al contrario, legittimando i rapporti tra mafia e politica. “In filigrana, si vede la qualità della democrazia” ha detto Caselli. In effetti, deve far riflettere questa vicenda anche in relazione al mondo dell’informazione ma anche della nostra capacità di lettura e comprensione perché, come ha concluso Neirotti, questo libro parla di un caso del passato, di un’evoluzione in corso ma anche del nostro futuro.
Giovanna Cravanzola