“TI AMMAZZERO’ STASERA” QUANDO L’ODIO ANNEBBIA LA MENTE
16°INCONTRO POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE
REGISTRAZIONE DELL’INCONTRO IN FORMATO MP3
Da anni, il Castello di Cisterna d’ Asti ospita dibattiti, storie e, soprattutto, persone. Alcune passano una volta sola ma succede raramente perché molte ritornano e, allora, accade sempre qualcosa di nuovo e inaspettato. Uno è il giornalista Marco Neirotti ormai “adottato” dal Polo Cittattiva e dal Castello. Lunedì 6 maggio 2019, una nuova occasione d’incontro è stata la presentazione del suo ultimo libro “Ti ammazzerò stasera” (ed. Golem) selezionato per il Premio Campiello 2019. A dialogare con lui Fulvio Lavina, giornalista de “La Stampa” di Asti. L’ incontro è stato organizzato dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’ Albese con il Castello di Cisterna d’ Asti e l’ Aimc di Asti.
In un mondo dove il giornalismo si confonde con lo spettacolo, Marco Neirotti rappresenta l’anima nobile di un mestiere che è competenza, passione ma anche umanità e che non conosce la cessazione del servizio perché, come succede per gli alpini, i veri giornalisti lo restano per tutta la loro vita. ”E’ un giornalista profondamente ben educato che ha saputo entrare nelle vite degli altri in punta di piedi” ha detto Lavina. “Il titolo è inquietante ma non morirà nessuno. La storia ha come sfondo un paese che potrebbe essere uno qualsiasi dell’astigiano. Vite tranquille che si dipanano senza particolari criticità ma qualcosa cambia quando viene aperto un centro di accoglienza per profughi. Basta questo per far deflagrare gli animi e a innescare il progetto di un omicidio”. L’idea del libro nasce anni fa quando a Neirotti venne chiesto di scrivere un articolo su un barbone che conosceva bene ma anche grazie all’amicizia con Fabrizio De Andrè che gli aveva cambiato il suo sguardo sul mondo. “Il compito della narrativa“ ha spiegato Neirotti “non è spiegare la società ma raccontare situazioni e fatti attraverso il quale il lettore la scopre. La cronaca, invece, entra subito nel vivo. Ho lasciato liberi i miei personaggi e, a poco a poco, mi sono accorto di aver scritto qualcosa di premonitore. La baracca isolata del barbone diventa il punto di osservazione privilegiato per osservare gli altri personaggi muoversi. Mi sono ispirato a quanto stava succedendo in un paese vicino dopo l’arrivo dei migranti. La gente era serena ma i mezzi di comunicazione raccontavano di un paese sul piede di guerra anche se non corrispondeva alla realtà. Il barbone ha conosciuto sulla sua pelle i meccanismi della fabbrica dell’odio, alimentata dalle frustrazioni personali che, appena possibile, vengono indirizzate verso i più deboli. L’azione di pochi balordi fa esplodere la paura. A poco a poco, tutto si trasforma in odio e anche i buoni si vogliono armare. I pensieri dei personaggi si distorcono”. Molti di essi trovano spunto dall’esperienza giornalistica di Neirotti: il barbone, i cani, i carabinieri perché c’è molto di vissuto in questo libro. “Io non ho una tesi per ciò che accade, mi limito a raccontare come gente mite si fa trascinare dall’odio che non gli appartiene. Nulla è mai come appare, l’ho imparato da cronista. Scrivere è il prolungamento della curiosità che si ha dentro perché lo scrittore non si muove per soddisfare quella degli altri ma la propria. Creato un personaggio, lo insegue lungo le strade che percorre. Ci sono anch’io, come menestrello muto con uno strumento senza corde che, in un angolo, canta i personaggi che su muovono”.
Intanto, nuove narrazioni stanno prendendo vita perché, per chi scrive, è impossibile fermarsi esattamente come lo è smettere di imparare. Sono strade infinite che portano verso direzioni sconosciute alla ricerca dell’altro e della sua ricchezza.
Giovanna Cravanzola