“VIVERE PER SEMPRE. L’ESISTENZA, IL TEMPO E L’OLTRE”
MONS. PAGLIA A CISTERNA D’ASTI HA SPIEGATO PERCHE’ “IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE”.
18° INCONTRO POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ ALBESE
REGISTRAZIONE DELL’INCONTRO IN FORMATO MP3
Continuano, al Castello di Cisterna d’Asti, gli incontri del percorso “Vecchie e nuove R- esistenze G”promosso dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’ Albese – I.C. di San Damiano d’Asti, Parrocchie di Cisterna d’ Asti e Valle S. Matteo e Aimc di Asti. Domenica 12 maggio 2019 è stata la volta di Mons. Vincenzo Paglia che, introdotto da Maurizio Perego (libreria “Il Pellicano” di Asti) ha presentato il suo libro “Vivere per sempre. L’ esistenza, il tempo e l’ Oltre”, Ed. Piemme. Potrebbe sembrare una scelta poco in linea con un percorso rivolto alla cittadinanza attiva ma non è così perché, in un’epoca dove il mito della perfezione pervade ogni aspetto della vita, parlare di malattia e morte è una forma di resistenza. “Il titolo è un’affermazione” ha detto Maurizio Perego. “Infatti, se da un lato la possibilità che tutto si concluda con la morte ci appare uno spreco dall’altro, nonostante ciascuno desideri il contrario, sappiamo che tutto finirà. Nel sottotitolo compare anche la parola Oltre: può essere Dio, l’eterna beatitudine, la bellezza. Ognuno dà nomi diversi a questo Oltre con cui ci dobbiamo confrontare ma oggi che cosa significa “vivere per sempre”?”. Il libro, ha spiegato Mons. Vincenzo Paglia, non era previsto ma si è reso necessario perché, “se da un lato ci allungano la vita, dall’altro non si pensa a ciò a tutto ciò che sarebbe necessario per provvedere a una società che invecchia. Così, spesso, torna la convinzione che morire prima sia un atto d’amore ma questa è una contraddizione. Ma cos’è la morte? Per il biologo è il ciclo naturale delle cellule per altri è la separazione dell’anima dal corpo. La morte tocca tutti ma non se ne può parlare: è un termine che è stato escluso fino all’assurdo. Non parlarne, però, ci ha reso analfabeti perché c’è sempre e vive con noi anche quando non appare toccarci in prima persona (pensiamo a ciò che accade ai migranti, alle vittime della violenza di genere…). Non se ne parla tra adulti e neppure ai bambini pensando che porterebbe squilibri. Abbiamo perso le parole per parlare di un tema che ci riguarda tutti e fa paura. Così non riusciamo più a dire nulla e, quando qualcuno muore, mandiamo un sms per paura di trovare le parole. Diciamo parole anche recitando il “Credo” di cui non sappiamo nulla. Qual è il mondo che verrà? Cristiani o laici, nessuno sa cosa dire, l’ignoranza è generale. Un tempo ai morti si costruivano i monumenti, opere letterarie… perché si pensava che la morte non fosse la fine. Ho sentito la necessità di affrontare questo tema per aiutarci a comprenderlo anche perché, a volte, anche noi sacerdoti non sappiamo cosa dire e ripetiamo il catechismo ma non spieghiamo. Avrei potuto scrivere un libro sulla vecchiaia ma oggi cosa significa vivere di più rispetto al passato? Da bambini aspettiamo l’adolescenza, poi la vita adulta, la vecchiaia… e dopo? Alla fine non c’è un’altra età ed è per questo che è nato il libro. Se la vecchiaia è un peso, oggi diventa un dramma che dura 30 anni. Si pensa che l’ideale sia essere giovani come se la giovinezza fosse l’età dell’oro ma ci appare così solo perché è passata. Semplificare significa prendersi in giro mentre riflettere sull’esistenza e il senso della vita è importante perché anche la vecchiaia ha un suo senso e la fine della vita dipende da come si considera anche politicamente. Occorre riscoprire l’importanza del senso del limite e della fragilità a tutte le età. Sartre sosteneva che “Siamo due parentesi tra due nulla” ma non è così perché non può scomparire tutto e anche la ragione si oppone a questo spreco. Per questo motivo chiede di discuterne anche chi non crede. Forse, il momento della morte è quello di incontro con Dio e, allora, cambia il punto di vista e lo sguardo. In passato, i nostri anziani si preparavano alla morte e speravano che non fosse improvvisa. La società si stringeva intorno alla famiglia e la vita continuava a essere presente anche nella morte. La vecchiaia e la morte, infatti, erano momenti importanti della vita. Per Papa Francesco, il volto di Dio che incontreremo è quello di un padre o di una madre che ci accoglie in un abbraccio. Se pensiamo che sia possibile l’esistenza dei buchi neri perché non dovrebbe essere possibile la Resurrezione? La morte non è la fine. Questo è il senso di una vita per sempre accompagnata e trasformata. Per questo il paradiso e l’inferno non vengono dopo ma l’uomo li costruisce durante la sua vita. L’inferno sono i morti nel Mediterraneo, ad Aleppo, in Libia… sono gli anziani negli ospizi, i detenuti nelle carceri. Invece, il paradiso è affetto, amore, è costruzione di un mondo più giusto per tutti. L’inferno è dire: “Prima noi e dopo gli altri” mentre Dio è padre di tutti. Per questo i cristiani sono chiamati a sconfiggere questo inferno per creare un mondo più giusto. Chi lavora per questo, sulla sua strada, incontra tante persone, credenti e non. Proprio per questo occorre recuperare il senso della morte per poterne parlare e rendere la nostra vita più sapiente in qualsiasi situazione. La solitudine si può curare solo con l’amore e l’incontro ma né la cultura né la politica favoriscono questo ma solo al pensare a sé. Invece, occorre pensare all’umanità come una grande famiglia che ha una casa comune. C’è l’istinto del cuore è ragione profonda. Parlare delle cose ultime serve per decidere come vivere oggi e non domani. Se non sappiamo dare, infatti, andiamo ma non sappiamo dove stiamo andando. Se comprendiamo che la destinazione dell’umanità è abitare nella stessa casa, non possiamo essere sovranisti. Oggi molti muoiono in modo difficile ma non se ne parla. Bisogna affinare la lotta al dolore fisico ma anche alla solitudine. Le leggi sul fine vita sono importanti ma non possono occuparsi di tutti gli aspetti. Il punto cruciale è come accompagnare senza dolore la vita di una persona. Sarebbe necessario un “circolo del cuore” intorno alla persona malata formato da medici, parenti e amici. Spetta a loro e non alle leggi decidere perché nessuna di queste ultime capirà mai tutte le diverse situazioni. L’ Oltre ci consente già di sognare il nostro presente. In un mondo più umano, l’Oltre è già iniziato”.
Giovanna Cravanzola