Giovedì, 10 Settembre 2020 | Scritto da: didattica

IL FREGIO DELLA VITA

AL CASTELLO DI CISTERNA, DEGUSTAZIONI DI PAROLE CON L’ULTIMO ROMANZO DI EMILIO JONA

Un incontro resistente per relatori resistenti, è quello che si è tenuto il 27 settembre 2020, al Castello di Cisterna, con Emilio Jona che ha presentato il suo romanzo ”Il fregio della vita” (Neri Pozza). Jona è un personaggio poledrico: avvocato, romanziere, poeta, librettista, studioso di cultura popolare e molto altro ancora. Una molteplicità di interessi, esperienze che esprimono una personalità scoppiettante, caratterizzata da una profonda umanità di cui lo stesso libro è intriso. L’incontro, rimandato più e più volte a causa di alluvioni e della pandemia, si è svolto in un’insolita veste. La prof.ssa Betty Soletti ne ha discusso con Enrico Cico e Betti Zambruno che, in precedenza, hanno avuto modo di degustare le pagine di questo romanzo che narra una storia nella Storia. Sono stati veri e propri sommelier delle parole, capaci di restituire le emozioni provate ai presenti. L’ incontro è stato promosso dal Polo cittattiva astigiano albese – I.C. di S. Damiano e Museo di Cisterna con Fra production spa e Aimc Asti. Il libro parla delle vicende di un uomo e una donna, una coppia apparentemente molto unita ma, in realtà, incapace di conoscere e comprendere davvero le esigenze l’uno dell’altra. Il registro di scrittura utilizzato, come ha sottolineato la prof.ssa Soletti, è molto alto ma capace di rendere vive e palpitanti le voci dei personaggi. La scelta del luogo che fa da sfondo alla vicenda, la Svizzera, non è causale: zona neutrale in un periodo che anticipa l’ultimo conflitto mondiale. Il testo risente della cultura mitteleuropea e degli studi di Freud. La scelta raffinata delle parole fa pensare anche “a una forma musicale in cui le voci si sovrappongono in variazioni. È un romanzo doppio e, tutto quello che viene detto è menzogna e infingimento. C’è una sfiducia nella possibilità della parola di comunicare. Sono esistenze monche: Kurt non possiede la donna che ama e la donna, alla fine, nega al marito di svelargli il suo segreto e, rifiutando di fargli leggere la sua confessione, lo uccide. Il non detto è più esplicito del detto. Il marito si sente in una fortezza in cui non ci sono nemici e non si accorge che, invece, abitano dentro di lui. Si illude di vedere la realtà, restando a distanza, attraverso il suo binocolo” ha evidenziato la prof.ssa Soletti. Il libro, ha detto Jona, nasce dal sentirsi come un nano, la cui deformità è proprio quella che gli consente di vedere meglio ciò che tutti gli altri ignorano. Betty Zambruno, invece, è stata colpita da molti aspetti della personalità di Charlotte ma anche dal ritratto negativo dell’amante che emerge. Un espediente - ha spiegato Jona – per sottolineare l’eros cieco. Infatti, la donna sa che il marito è migliore ma rifiuta la sua intelligenza sofisticata e gli preferisce la banalità dell’altro. È la fisicità ad avere la meglio. In fondo, è un po’ come se la donna fosse spinta dal marito al tradimento perché, senza la sua presenza, probabilmente non si sarebbe spinta così oltre. È di buona famiglia, di saldi principi ma, poi, tutto accade. La storia di Kurt e Charlotte sovrasta la grande storia rendendoli ciechi a tutto ciò che sta succedendo intorno a loro. “Avrei chiamato il capitolo di Charlotte ‘Io sono mia’. Non vuole che si leggano delle memorie solo sue e, tutto ciò, è anche espressione del suo doloroso percorso di vita. Nega la conoscenza del suo passato anche le persone che le sono più vicine. Racconta tutto in un memoriale che, nelle sue intenzioni, non verrà letto. La sua vita termina tragicamente. Con il marito ha una finta confidenza priva di condivisione. La donna sembra fedele ma tutto si scardina con un incontro sensuale che la rende libera da un quotidiano che la tiene soggiogata. Trova il suo riscatto anche nel riappropriarsi, fino in fondo, del suo dolore” ha proseguito la Zambruno. La degustazione di Enrico Cico, invece, ha sottolineato come la bellezza del libro stia nella pluralità dei punti di vista. L’impianto, a suo avviso, è classico: un uomo arriva a un passo dalla verità ma si accorge che è meglio non averla. Il libro è pieno di letteratura. Vienna è deformata e distorta, espressione essa stessa dell’avanzare delle camicie brune. L’inadeguatezza di Hitler viene sottolineata con il termine imbianchino con il quale è definito. Nel libro, vita e morte sono complementari e non possono essere disgiunti. Tre diversi lettori, tre diverse letture che hanno entusiasmato l’autore che ha definito l’opera il suo romanzo migliore. “Proprio questo è fare letteratura: avere letture diverse. Lo scrittore scrive ciò che non sa di avere scritto. E’ vero, c’è una scrittura sinfonica e polifonica di cui non mi ero accorto. La menzogna è un elemento di fondo. La moglie è convinta che il marito abbia capito i suoi tradimenti che sono evidenti. Il primo capitolo è profondamente letterario ma ero e sono convinto della sua necessità. Al di sotto, però, c’è la vita. Il binocolo, poi, è un oggetto attraverso il quale si racconta la storia. Fa vedere senza essere visti. È un oggetto che possiedo realmente, appartenuto a mio zio che l’aveva trovato a Caporetto. Charlotte è riservata, silenziosa, profonda e vera. Non vuole avere figli per via delle vicende della sua famiglia di origine che tace a tutti. Attraverso la scrittura del suo diario, ho fatto parlare la mia parte femminile. Il libro risente dell’ esperienza maturata in una vita intera di lavoro”. Charlotte abbandona l’amante quando raggiunge la pienezza della sensualità, consapevole che, oltre, può esserci sono il decadimento. Un romanzo di vette e abissi, come l’ha definito Franco Castelli.

Un libro dove ciascuno di noi può trovare una parte che lo riguarda, parole che avrebbe detto, situazioni che ha vissuto, persone che ha incontrato.

Le parole e la loro importanza fanno da sfondo: quelle dette, quelle non dette, quelle scritte… Le parole sono tutto ma troppo spesso ce ne dimentichiamo quando, invece, sono una delle nostre più grandi ricchezze. Grazie Emilio Jona che, con sua maestria, ce lo ha ricordato facendoci assaporare anche quelle che, volutamente, non abbiamo trovato ma che è come fossero state scritte.

Giovanna Cravanzola

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