Lunedì, 23 Novembre 2020 | Scritto da: didattica


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ANCHE PER GIOCARE SERVONO LE REGOLE. COME DIVENTARE CITTADINI”

NE HANNO DISCUSSO GHERARDO COLOMBO E MAURO FERRO

Un incontro vivo e pieno di spunti per tutti quello che si è tenuto in videoconferenza per la presentazione del libro “Anche per giocare servono le regole. Come diventare cittadini” (Chiarelettere) di Gherardo Colombo. L’autore ne ha discusso con Mauro Ferro lunedì 21 dicembre 2020. L’iniziativa è stata organizzata dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’albese – I.C. Di San Damiano d’Asti con Museo Arti e Mestieri di un Tempo, Fra Production Spa, Acli, Israt e Aimc di Asti. Il libro è il primo all’interno della collana Ri-creazioni dell’ editore Chiarelettere che, rivolgendosi a studenti, famiglie, insegnanti, ha lo scopo di avvicinare ai temi della cittadinanza attiva. Come ha ricordato in apertura Mauro Ferro, il dott. Colombo da anni lavora con i ragazzi e questo ultimo lavoro è in continuità con questo percorso. Nel libro si presenta l’Italia nel periodo difficile degli anni del terrorismo che, però, aveva potuto vivere un periodo felice grazie alla Costituzione. La particolarià, ha sottolineato Colombo, è rappresentata proprio dalla Costituzione. Nel ‘38 erano state emanate le Leggi razziali che non erano state quasi per nulla contrastate. Nel ‘48, la mentalità non era molto cambiata. Ai posti di potere rimanevano le stesse persone educate e cresciute durante un regime razzista. La Costituzione, al contrario, dichiarava che tutti gli uomini erano uguali ma la cultura era la stessa. Solo dopo 27 anni si iniziava a respirare l’aria pulita del vero cambiamento. Oggi noi usufruiamo delle libertà sancite dalla Carta Costituzionale ma non tutti sono in grado di gestirle. Spesso non siamo in grado di scegliere perché non vogliamo accedere alle informazioni necessarie per conoscere tutte le alternative possibili. Sono i primi anni ‘60 quando, anche grazie ad una più diffusa motorizzazione che consente ai ragazzi di muoversi e conoscere, la Costituzione inizia a produrre dei cambiamenti nel modo di pensare. Oggi il compito della scuola è operare per gestire quelle libertà ed aiutare i ragazzi a diventare cittadini introiettando le regole prima di ricorrere alle sanzioni. Proprio sul tema delle pene si è soffermato Mauro Ferro. “Il nostro carcere è un esercizio di vendetta pubblica. La Costituzione non è violenta mentre prima lo stare insieme era basato sulla discriminazione. Per quanto riguarda le pene, si dice che non possono consistere in trattamenti contrari all’umanità e sottolinea la necessità del rispetto della dignità di tutti. Il carcere fa obbedire la gente ma non insegna niente perché non c’è libertà. Infatti, il 70% delle persone che ne esce, delinque di nuovo”. Molti e puntuali gli interrogativi posti da Ferro su migranti, lavoro, cittadinanza, partecipazione… La triste considerazione è che, anche se si tratta di uno strumento formidabile, la Costituzione non è attuata perché, come diceva Calamandrei, ha bisogno di carburante che dovremmo essere noi come cittadini ma non lo introduciamo. “La fortuna è che le generazioni si susseguono. Per questo la scuola è fondamentale perché si viene ad imparare ad avere dei dubbi. Ho investito la mia vita per lavorare con i ragazzi… lavorare sul prima per evitare il poi. Questa funzione dovrebbe essere svolta dalle famiglie ma vedono i figli molto meno degli insegnanti” ha proseguito Colombo. Imprescindibile l’educazione ad una coscienza critica che permette di scegliere e di non dividersi in fazioni senza verificare l’attendibilità di ciò che viene detto. “Bisognerebbe educare alla capacità di vivere diffondendo i principi non solo tramite le parole ma la testimonianza. Si fa fatica anche perché si presenta il futuro in modo negativo mentre occorrerebbe far comprendere qual è lo scopo. Sarebbe bello che imparassimo anche l’importanza della solidarietà che, in questo periodo, è vista negativamente mentre si può uscire da questa situazione solo essendo solidali. La pandemia ci mette di fronte a interrogativi e indicazioni. Vuol dire che se ne esce solo rispettando gli altri perché gli intrecci costituiti dalle relazioni rendono solida la società”.

Giovanna Cravanzola

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