“I LUOGHI CHE CURANO”
NE HANNO DISCUSSO PAOLO INGHILLERI, BEPPE ROVERA E SILVANO VALSANIA
“I luoghi che curano” (Cortina Raffaello) è l’ultimo libro del prof. Paolo Inghilleri la cui presentazione in videoconferenza, giovedì 16/9/2021, ha inaugurato il nuovo ciclo di incontri per l’a.s. 2021/22. A dialogare con l’autore c’erano Beppe Rovera e Silvano Valsania. L’iniziativa è stata promossa da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di S. Damiano, Museo di Cisterna, Associazione “I love San Felice”, Comitato “Amici di Robella”, con Fra Production Spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti. Un tema molto importante quello trattato nel libro, come ha sottolineato Rovera in apertura, soprattutto in un Paese come il nostro pieno di bellezza ma anche di guasti.
“La lettura del testo parte dalla speranza di trovare qualcosa per capire meglio il percorso che ho fatto. Il libro tira fuori l’insicurezza per il domani trasformata in ansie e patologie per l’ incapacità di gestire le scelte e anche l’impatto con culture diverse” ha proseguito.
Un viaggio interessante dove, a proteggerci, viene in soccorso l’empatia.
Il piacere di andare dove le cose avvengono… parte da qui il viaggio del prof. Inghilleri. Infatti il tema dell’incrinazione con la realtà circostante diventa sempre più importante.
“Sono un medico specializzato in psicologia e, per studiare la mente, bisogna partire da contesti reali. Nel libro ho riassunto ricerche in vari ambiti (psicologia, antropologia e medicina) effettuati in diverse realtà per verificare se alcuni meccanismi si vedono meglio. A Mumbai e in altri slum, ad esempio, è evidente la grande povertà e le tensioni sociali. Eppure le persone amano quel luogo, come se le difficoltà fossero attenuate dalla relazione con gli altri che sa regalare quei momenti di felicità che costituiscono una persona. Infatti il cervello è un fattore individuale ma la mente è anche fuori di noi, negli ambienti e nei luoghi perchè è soggettiva e intersoggettiva” ha detto Inghilleri.
Questi temi erano già presenti ma la pandemia le ha acutizzate. Oggi, nelle nostre comunità, si vive la difficoltà di scegliere e anche di accogliere la parte desiderante di noi stessi. In cambio della sicurezza, si preferisce rinunciare a ciò che potrebbe renderci felici. I fattori del disagio sono anche sociali e si uniscono agli aspetti medici.
La seconda parte del libro tratta di ciò che è a nostra disposizione per difenderci e la presenza degli altri fa parte di questo. Gli uomini sono sopravvisssuti per la tendenza all’altruismo essendo predisposti per natura alla cooperazione grazie all’empatia.
Un altro fattore è la biofilia che è la tendenza innata ad amare la flora e la fauna che hanno permesso ai primi gruppi umani di sopravvivere grazie ad una relazione armonica. Purtroppo, negli ultimi cento anni, tutto ciò è stato trascurato.
La terza parte del libro, infine, affronta gli aspetti virtuosi che possono essere raggiunti.
Ma perchè i luoghi ci possono curare?
La risposta è che hanno caratteristiche che dipendono dalla nostra vita personale e di gruppo, ci danno il senso di appartenenza e non ci fanno sentire soli. Pensiamo alla casa della nostra infanzia: è una memoria che ci dà il senso di esistere al mondo.
Si tratta di garanzie psichiche dovute anche alle pratiche sociali: questi luoghi sono importanti perchè hanno fatto da sfondo a esperienze positive. Tutto ciò crea il senso di sè, dell’ identità e della memoria. Il legame affettivo e cognitico che parte dalla storia della propria famiglia e della comunità a dare significato alle nostre vite.
“Siamo fatti di memorie che avvengono nei luoghi” ha proseguito il prof. Inghilleri.
Le culture hanno una diversa visione della della comunità. Alcune sono molto collettiviste perchè danno importanza alla condivisione degli elementi. è una società dove, secondo Appadurai, si pratica la democrazia profonda: si comprende che, per sopravvivere, si devono rispettare anche idee degli altri. Si tratta di uno stato politico ma anche della mente.
Ciascuno di noi si sente cittadino e membro di una comunità perchè vi aderiamo e, inconsciamente, è fatta anche di luoghi che diventano mente. Ci si sente cittadini dei posti che ci hanno regalato questa consapevolezza .
Inoltre molti studi dicono che certi luoghi fanno vivere emozioni positive e ciò aiuta a livello psicofisico. Per questo, proprio perchè la natura fa bene a livello psicologico e biologico pur essendo contaminata dalla cultura, occorre riflettere sul destino del pianeta per tutelarlo.
Il narcisismo altruista è ciò che ci fa sentire bene se sosteniamo i beni comuni o la comunità cui apparteniamo.
Numerosi gli stimoli e gli spunti di riflessione proposti da Beppe Rovera e da Silvano Valsania nel corso dell’ incontro. Il primo, basandosi sulla propria esperienza nel programma “Ambiente Italia”, ha sottolineato di aver trovato spesso, in alcune periferire italiane, comitati civici, gruppi compatti e soddisfatti del loro impegno. Tuttavia, rispetto a certi problematiche locali, a volte si rimane focalizzati su un obiettivo raggiunto il quale questi gruppi si dissolvono. E’ per questo che, talvolta, il narcisismo altruista diventa fine a se stesso.
Silvano Valsania, partendo dalla sua esperienza di amministratore e responsabile della Rete degli Ecomusei del Piemonte, ha ribadito l’importanza del lavoro didattico condotto grazie alle scuole. Un impegno che l’Ecomuseo delle Rocche del Roero sta portando avanti da circa vent’anni. Purtroppo, infatti, anche se le relazioni ci danno sicurezza, spesso si ha la sensazione che tutto ciò si stia appannando a causa di un’omologazione dilagante.
Il progetto “Comunità Resistenti”, promosso dall’ Ecomuseo delle Rocche e dal Museo di Ci- sterna d’Asti, ha lo scopo di promuovere il senso di appartenenza attraverso la riscoperta del territorio e delle sue peculiarità. Lo scopo è proprio quello di lavorare sulle competenze di comunità per innescare curiosità rispetto ai luoghi che si abitano e non come mera fruizione dei servizi offerti.
Lavorando su tutto ciò, i ragazzi si riappriano del proprio territori anche attraverso azioni di cura, visti non soltanto, nello specifico dei territori Unesco, come vetrine prive di comunità.
Proprio questo tipo di esperienza, ha ribadito il prof. Inghilleri, è indispensabile per avere la capacità di rispondere alle richieste dell’ambiente anche attraverso la consapevolezza del benessere che sa donare. “Questa è la sfida per mantenere il senso di comunità ma, senza esperienze di questo tipo, la gente si disaffeziona e va via. Chi fa l’insegnante lo vede e co-nosce l’importanza di offrire agganci per far entrare ciò che si fa nel mondo interiore dei ragazzi”.
Perfino gli oggetti contengono una memoria che non è solo funzionale ma induce comportamenti. Racchiudono un mondo, gli affetti, le relazioni… è la potenza degli artefatti.
Oggi una nuova patologia psichica è la solastalgia: il dolore per la perdita dei beni comuni.
Dall’altro lato, però, si sta allargando sempre di più la consapevolezza di quanto sia possibile fare e molte delle azioni in atto, come è ben raccontato nel libro, partono proprio dal basso anche da parte di comunità fragili e a rischio…
C’è ancora molto da fare, il viaggio non è ancora concluso ma, in realtà, non può finire mai ed è proprio questo che mantiene accesa la fiamma per non arrendersi neppure di fronte alle peggiori burrasche.