Venerdì, 26 Novembre 2021 | Scritto da: didattica

Parole armate. Le grandi scrittrici del Novecento italiano tra Resistenza ed emancipazione”(Baldini + Castoldi) della prof.ssa Paola Valeria Babini è un libro che permette di rileggere storia e letteratura attraverso una lente diversa. É stato presentato venerdì 17 dicembre 2021 in una videoconferenza promossa da Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’Albese – I.C. S.Damiano, Museo di Cisterna, Associazione “Franco Casetta”, Israt, con Fra Production Spa, Libreria “Il Pellicano”, Aimc di Asti e, grazie all’iniziativa #bottiglieperlacultura, dalle aziende: Mo, Vaudano Gaggie, Cantine Povero, Cantine Povero distribuzione srl, Vincenzo Bossotti, Azienda Agricola Cà di Tulin. A dialogare con l’autrice, la dott.ssa Fasano dell’ Israt che, in apertura ha sottolineato come il libro sia uno scrigno di contenuti e spunti già a partire dalla copertina che riporta l’opera di Charlotte Salomon, artista ebrea uccisa ad Auschwitz. “E’ il libro di una donna che parla di donne, in particolare di tre grandi scrittrici, che danno opportunità di parlare anche di altre donne” ha detto in apertura la Fasano.

Il filo rosso dei miei interessi è stato il tema della diversità e la storia delle donne ne è un aspetto. Inoltre provo un grande amore per la letteratura dove le cose sono scritte prima che lo facciano gli storici. Nel dopoguerra si sente forte l’esigenza di dimenticare la guerra. Emblematica la vicenda di “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Il libro viene rifiutato da Einaudi che, però, pubblica nel ‘47 quello della Ginsburg dove, nell’incipit, una donna spara a un uomo negli occhi. Nasce l’interesse per le donne che commettono anche dei delitti e uccidono perchè sempre di più sono uguali agli uomini. Lo sparo del libro della Ginsburg non rappresenta un omicidio d’onore ma contro un marito che vanta diritti come quello di avere un’amante e di poterlo dire sfacciatamente. Allora ho pensato anche ad altre donne scrittrici. Questa letteratura che appare poco impegnata, in realtà, è politica perchè vuole far notare che la liberazione non ha compiuto il suo cammino in senso pieno. Molte di queste scrittrici sono state anche partigiane, rappresentano e anticipano il femminismo degli anni 70. I loro romanzi sono ancora attualissimi” ha detto la prof.ssa Babini. Il libro ricostruisce l’impegno delle intellettuali nella lotta della liberazione: erano donne che avevano rischiato la vita con i loro scritti e che, successivamente, avevano continuato con le loro parole resistenti. Come ha sottolineato la dott.ssa Fasano, il filo rosso del libro è la parola. Si tratta di una resistenza pedagogica fatta da donne che intravedono un futuro possibile e che, attraverso le loro parole, mettono in atto un processo educativo ed etico. “Pensiamo alla difficoltà delle donne nel tempo di parlare in pubblico. La parola femminile si attiva perchè c’è la paura che la ricostruzione sia solo materiale e non sociale e morale” ha proseguito la Babini. La guerra ha cambiato le donne, ne ha attualizzato le potenzialità e l’ emancipazione. Per tutte le donne – intellettuali o meno - l’ esperienza del voto è una conquista sognata e importantissima. Prima non era possibile neppure per quelle colte mentre era concesso come diritto a tutti gli uomini anche se analfabeti.

Forse non avrei scritto questo libro senza il seminario dedicato alla violenza sulle donne che ho fortemente voluto e che suscitato anche molte critiche eppure anche uomini colti hanno bisogno di parlare di tutto questo. Purtroppo la storia rimuove le figure femminili ma l’onda lunga delle letteratura arriva dappertutto” ha concluso la prof.ssa Babini.

Giovanna Cravanzola

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