“TESEO E IL MINOTAURO. IL MITO DEL LABIRINTO”
Una nuova videosofia per parlare del mito quello che si è svolto in videoconferenza giovedì 17 marzo 2022 con il prof. Alberto Banaudi giovedì 17 marzo 2022. Questa volta si è parlato di “Teseo e Minotauro. Il mito del labirinto”. L’iniziativa, inserita nel percorso “Vecchie e nuove R-esistenze: - Ancora riconnessioni_8″ è stata promossa da Polo Cittattiva per l’ Asti- giano e l’ Albese – I.C di S. Damiano, Museo di Cisterna, Israt, Associazione “Franco Casetta” con Fra production spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti.
Teseo ed Eracle rappresentavano i prosecutori dell’opera ordinatrice di Zeus basata sulla giustizia che, però, era perfetta ma necessitava di continui rinnovamenti. Per questo furono demandati gli eroi che avevano ruolo di distruggere i residui del male nel mondo: belve o esseri umani con natura o intenzioni bestiali. Teseo era figlio di Egeo ma, in altre versioni, era figlio di Poseidone. Il padre non lo portò direttamente ad Atene perchè temeva che i cugini potessero ucciderlo. Così disse alla madre del ragazzo che, quando sarebbe stato grande, avrebbe dovuto sollevare una pietra pesante sotto alla quale Egeo aveva nascosto una spada e due sandali. Venne il giorno in cui Teseo li trovò ed andò ad Atene per cercare il padre. Lungo la strada sfidò più mostri che, all’inizio, erano ospitali ma nascondevano una natura bestiale. Fu un percorso iniziatico: l’eroe dovette combattere contro tutti questi esseri mostruosi con sembianze umane. Finalmente Teseo giunse ad Atene dove doveva incontrare il padre e la moglie Medea lo riconobbe. Quest’ultima, però, tentò di ucciderlo mandandolo a compiere altre azione pericolose e, in ultimo, provando ad avvelenarlo. Alla fine, però, Egeo sventò il suo piano e la cacciò. Così Teseo diventò il legittimo erede anche perchè eliminò tutti i cugini. Però non si tirò indietro di fronte alla sfida del Minotauro, mostruoso figlio del re di Creta Minosse. L’eroe finì nel labirinto perchè ad Atene si celebravano i Giochi panatenaici (antenati delle Olimpiadi) ai quali partecipavano i migliori ragazzi. Androgeo, l’altro bellissimo figlio di Minosse, partecipò e vinse. ma venne uccise perchè gli avversari non sopportarono che la vittoria andasse a uno straniero. Così Minosse ordinò l’attacco della città e vinse. Così Atene fu costretta a offrire ogni anno sette ragazza e sette ragazzi da sacrificare al Minotauro che li avrebbe divorati. Teseo si offrì di far parte del gruppo.
Arianna, figlia di Minosse e innamorata di lui, lo aiutò ad uscire dal labirinto e, dopo l’ uccisione del Minotauro, partì con lui in piena notte nell’isola forse verso l’isola di Naxos. Però, mentre dormiva, Atena si presentò accanto a Teseo e gli ordinò di abbandonare la ragazza per tornare in patria (si spiega forse così l’espressione “piantare in (N)asso” cioè abbando-nare). La povera Arianna venne confortata dalla dea Afrodite la quale le disse che sarebbe diventata la sposa di Dioniso. Intanto il ritorno dell’eroe venne segnato da una tragedia. Dimenticò di cambiare le vele nere dalla nave e il padre Egeo, credendolo morto, si gettò nel mare che, da allora, prense il suo nome.
Ma per Teseo non era ancora tempo di riposo: venne chiamato a liberare il mondo conti-nuando le sue imprese. La sua è la lotta della ragione contro l’istinto ma anche un percorso iniziatico che rappresenta la fatica che un giovane compie per passare all’età adulta combattendo contro istinto e pulsioni. Da Esiodo in poi, il mito rappresenta la lotta tra ordine e caos che, da sempre, il mondo greco ha voluto rappresentare attraverso le proprie storie. Significa dare senso al mondo affermando l’idea di giustizia. Il labirinto, come percorso faticoso e iniziatico, rappresenta anche le difficoltà di un transito. Ne esistono di diversi tipi dai tempi più antichi. La spirale preistorica poteva essere simbolo di morte e rinascita. Il labirinto greco, come quello medievale, era unicursale: pur presentando molti ostacoli, era possibile uscire. In quello del mondo greco antico, l’immagine del toro era la centro del percorso e rappresentava l’animalità che si deve superare. Nel medioevo, invece, al centro c’era la Città celeste o il demonio. Rappresentava la fatica della vita nella quale, quando si crede di essere arrivati, ci si allontana dall’ obiettivo di partenza.
Dalla metà del ‘500 - e per tutto il ‘600 – nacquero i labirinti multicursali dai quali era e-stremamente difficile uscire. Erano giardini che rappresentavano un Eden curioso che, però, poteva portare alla perdizione. In quel periodo l’uomo, con la rivoluzione scientifica, aveva perso le sue certezze. Tra ‘700 e ‘800, con l’illuminismo, il labirinto venne dimenticato perchè si allontanava il mistero e ciò che non si poteva spiegare con la ragione (anche se, proprio in questo periodo, nasce il romanzo gotico). Però, nel ‘900, il labirinto diventò un simbolo per gli scrittori come Borges che diedero inizio al post modernismo: se del mondo rappresenta la complessità, forse quest’ultima è infinita.
Nei primi modelli di labirinto si poteva uscire sconfiggendo il Minotauro con intelligenza e constanza. Invece, nel barocco, è forte il rischio di perdersi. Nella post modernità, la complessità è tale che è impossibile trovare un centro e una verità assoluta.
Dopo che Dio è morto, o meglio, quando gli uomini hanno pensato di non aver più bisogno più di metterlo al centro, il mondo si è dilatato all’infinito. Infatti il labirinto di oggi è a rizoma. E’ come se il nostro labirinto interiore si accanisse contro di noi ma non è possibile disconnettersi da quello della vita.
Ma non bisogna rasassegnarsi. Lo diceva anche Calvino. Bisogna sfidare il labirinto attraverso l’amore che è la potenza più grande che esista perchè il suo poco è già moltissimo.
Oggi la ragione non è più il filo che permette di uscire ma è diventato uno strumento di tortura per l’animalità innocente del Minotauro.
Giovanna Cravanzola