Sabato, 12 Marzo 2022 | Scritto da: didattica


SE SOLO IL MIO CUORE FOSSE PIETRA”

In questi giorni terribili si succedono le immagini riguardanti le vittime più indifese di questa guerra, i bambini che, come sempre accade, soffrono maggiormente la crudeltà di un conflitto. Cosa sarà di loro quando tutto finirà? Vicende che, con modalità diverse, hanno riguardato anche i pochi bambini sopravvissuti ad altre tragedie. A questo proposito, giovedì 31 marzo 2022 - alle 18 in videoconferenza, Titti Marrone ha presentato “Se solo il mio cuore fosse pietra”(Feltrinelli) e ne ha discusso con Marco Neirotti. L’incontro è stato promosso da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di San Damiano, Museo Arti e Mestieri di un Tempo di Cisterna, Israt, Casa della Resistenza e della Deportazione di Vinchio, con Fra Production Spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti.

Questo appuntamento è un doppio regalo – ha detto in apertura Neirotti - che mi ha permesso di immergermi nel libro di una straordinaria autrice ma anche perchè di respirare, attraverso la sua lettura, mentre stiamo assistendo ad una tragedia. Già il titolo ci chiama a misurarci con quello che è stata la guerra conclusa quasi ottant’anni fa e che emerge dopo ogni conflitto. È un libro che dà voce alle tre anime della prof.ssa Marrone: storica, scrittrice e giornalista. Queste vocazioni si uniscono perché stiamo parlando di fatti reali: guerra e sopravvivenza. Tutto è attinto da archivi, testimonianze dirette raccolte dall’autrice. Accanto, c’è grande capacità dei giornalisti di ordinare il materiale in modo che sia una narrazione che accompagna il lettore attraverso telecamera che viaggia nelle parti più nascoste, oscure e soffocate delle esperienze degli altri. Non è romanzo di fantasia ma È storia. Siamo vicini a Londra dove sir Benjamin Drage ha messo la sua villa a disposizione di specialiste che fanno capo ad Anna Freud per un progetto eccezionale. Bisogna recuperare dei bambini, alcuni molto piccoli, nascosti o scampati ai campi di sterminio. Questi bimbi sono sopravvissuti alla paura, ai topi, al dolore e sono soli… ignorano la sorte dei genitori. Il progetto della Freud non è solo prendersene cura ma permettere loro di tornare alla vita attraverso un percorso caratterizzato da immensa pazienza e delicatezza. Occorre perforare la loro corazza, lavarli dal trauma. Solo più tardi potrà arrivare la ricerca delle famiglie oppure l’adozione. Tutto ciò viene visto dall’autrice in tutta la sua dimensione. A volte l’abbandono di questi bambini ha salvato loro la vita ma ha provocato anche tanto dolore. Mentre seguiamo il disastro e la rinascita di queste 25 creature, ci si chiede cosa succederà ai bimbi ucraini di oggi, spesso profughi non accompagnati (come quelli che giungono dal Mediterraneo). Guardando passato e presente della guerra, bisogna iniziare a pensare che non ci sarà solo da ricostruire cibo, giocattoli, carezze ma lo si dovrà fare con il senso della vita”. Molto apprezzato l’intervento di Neirotti da parte dell’autrice per la delicatezza con la quale ha sovrapposto il passato con il presente. Ho tentato di sottoporre, in forma romanzata e più accessibile, la condizione delle persone più fragili che sono i bambini e vorrei che questo lavoro raggiungesse i giovani. “Il titolo adombra lo stato d’animo delle educatrici che assorbono il dolore dei bambini… ma evoca anche il mio stato d’animo perché è difficile manipolare una materia così vibrante. Si corre il rischio di spingere l’emotività finendo nella retorica. I bambini vengono da esperienze mai vissute prima. Non si era mai venuti a conoscenza di questi traumi bellici… ma non era solo questo. Era la Shoah, la sparizione dell’umano. Si era impreparati. Bisogna saper rammendare come succede con l’ arte giapponese che ripara vasi rotti con l’oro. Il risultato finale non elimina la rottura ma l’accentua rendendolo più prezioso” ha sottolineato la prof.ssa Marrone. Le appassionate collaboratrici di Anna Freud non sono preparate, commettono errori. Alcuni bimbi temono anche la musica perché non l’hanno mai sentita. Non conoscono il cibo perché nei campi o nei rifugi non ce n’era. Si affezionano a un cucchiaio… li rubano, non se ne separano. Altri non hanno mai conosciuto i genitori, una carezza… e la relazione con l’adulto li terrorizza. Il primo giorno non mangiano, non sanno masticare, conoscono solo cibi liquidi…. la somma di tutte queste diffidenze è l’ostacolo maggiore. Le educatrici devono trovare soluzioni a tentativi andati a monte e devono usare come bussola il senso dell’umano.

Su questi aspetti ho trovato moltissimi materiali e mi ha stupito che questa storia non fosse mai stata raccontata prima. Esistono le testimonianze di questi bambini fino dagli anni ‘70. Studiando questi materiali si capisce cosa succede a bimbi esposti a traumi terrificanti. Volevo scrivere questa storia da molto tempo. Andra e Tatiana me la raccontarono e ho potuto approfondirla durante la pandemia. Ho capito che il 27/1 commemorativo è quasi il lieto fine ma non è così perché, in realtà, una tragedia simile ha un’onda lunghissima. Inizia poi l’odissea della ricerca del senso della vita che è andato perso” ha proseguito l’autrice. Un protagonista del libro che non appare mai è Sergio, il bimbo che non è tornato. A lui è stata dedicata un’associazione che l’autrice ha fondato con il fratello Mario. È il simbolo di tutti i bimbi che non ce la fanno come il piccolo Aylan ma che avrebbero potuto salvarsi. “Ho fatto molta attenzione a non far entrare troppo di me nel libro. Non so se gli altri bambini sono ancora vivi come Andra e Tati. Per le altre storie ho attinto dagli archivi. Ho avuto il massimo rispetto di quello che avevano detto perché questa materia era già potente in sè da non sollecitare una sovrapposizione da parte di chi scriveva. Mi sono calata nella condizione delle educatrici che, a volte, potevano anche sembrare dure” ha proseguito. Poi ci sono gli scritti di Anna Freud che ha fondato alcuni elementi di psichiatria infantile proprio partendo da queste esperienze. All’inizio pensava che non fosse utile una terapia con i bambini ma poi cambiò idea. Parlano e ascoltano i bambini, li inducono a ricordare…. A rammentare e rammendare. La Freud non voleva far adottare da superstiti i bimbi perché l’unione di queste esperienze poteva moltiplicare all’infinito la sofferenza. Il libro era molto più lungo ma è stato asciugato anche per rispettare i bambini e la storia. Tutte queste storie hanno elementi che possono essere confrontati con il presente.

Oggi penso proprio alle storie degli orfani ucraini bambini che, come molti altri nella Shoah, non hanno mai conosciuto i genitori. Che fine faranno? Orfani già prima della guerra, avranno ancora più ferite. Si spezzano famiglie, legami… la trama del passato si intreccia con quella del presente”… e come non essere d’accordo con le riflessioni di Titti Marrone di Marco Neirotti.

Giovanna Cravanzola

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