Proseguono gli incontri con il prof. Alberto Banaudi che, giovedì 28 aprile 2022 alle 18, è ritornato con una nuova videosofia dal titolo“Vedere dio. Miti greci relativi alla visione degli dei”. L’iniziativa è stata promossa da Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’ Albese – I.C. di San Damiano, Museo Arti e Mestieri di un Tempo di Cisterna con Fra Production Spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti. Cosa significava, nel mondo greco, stare di fronte alle divinità? Vedere il divino, in tutte le culture, rappresentava qualcosa di particolare e, a volte, anche di pericoloso. Ciò che era sacro doveva essere tenuto separato per non essere contaminato e non doveva neppure interferire con le culture umane. Tutto ciò valeva anche per i greci? I popoli orientali avevano approccio diverso rispetto a loro. All’uomo biblico, l’effetto dell’incontro con Dio suscitava il timore. Chi vedeva Dio non poteva vedere Dio. Tutto ciò è stato un grande oggetto per tutte le religioni: da un lato la paura ma, dall’altro, la ricerca dell’ incontro. Ad esempio nell’Apocalisse, c’è la rivelazione di Dio. L’Apostolo Giovanni, esiliato sull’isola di Patmos, scrive un libro per tutti i dissidenti del mondo per dire loro che devono avere fiducia perché porta con sé la speranza che gli ha dato Gesù. Rivelare, dire svelare ma anche ri-velarlo (cioè velarlo) di nuovo. Dio non si può mai vedere fino in fondo. Nel mondo cristiano era possibile che accadesse quando Dio si manifestava in forma umana ma era molto rischioso. Invece, in Oriente, il sovrano era quasi una divinità ed era praticamente invisibile. Nel mondo antico si potevano vedere gli dei ma erano sempre sotto smentite spoglie. Il mito di Semele racconta, ad esempio, cosa accade quando si vede un dio. La bellissima Semele era stata amata da Zeus con il quale aveva concepito Dioniso. La dea Era, gelosissima di Zeus, volle però vendicarsi. Le apparve come anziana nutrice e le diede dei consigli. Semele si vantò di essere amata da Zeus anche se non l’aveva mai visto veramente. La finta nutrice, allora, le instillò dei dubbi: forse il suo amato non era Zeus. Così la indusse a chiedergli di mostrarsi per quello che era. Zeus, avendole promesso di esaudire ogni suo desiderio, apparve ma… Semele morì incenerita. Un altro mito è quello di Atteone che, entrando per sbaglio in una grotta, vide una donna che si stava lavando dopo essere andata a caccia. Era la dea Diana che se ne accorse e arrossì perché era stata vista nuda. Non potendolo uccidere con le frecce, gli buttò dell’acqua un faccia e lo sfidò a raccontare quello che aveva visto. Il povero Atteone si trasformò in un cervo, l’animale sacro ad Artemide. Il suo animo era ancora umano ma l’aspetto no. Così Atteone iniziò a fuggire essendo diventato anche timido e pavido. Provò a parlare ma non riuscì. Il suo sguardo era ancora umano ma nessuno lo avrebbe più potuto riconoscere. Così, proprio per questo, la muta dei suoi cinquanta cani lo inseguì e lo sbranò.
Il mito di Bellerofonte, figlio di Glauco, racconta un altro esempio. Dopo aver commesso un omicidio, per purificarsi, andò in una città dove fu accolto dal re la cui moglie, però, si invaghì di lui. Così, per non aver voluto violare le regole dell’ospitalità, Bellerofonte fu accusato dalla donna di violenza e, per questo motivo, venne punito dal re. Ma anche quest’ultimo non poteva uccidere un ospite. Così utilizzò l’espediente di mandare Bellerofonte dal suocero, il re Iobate, con una lettera dove c’era scritto di uccidere colui che avrebbe consegnato la missiva. Il suocero, però, lo aveva già ospitato per molti giorni prima di leggere il messaggio e non poteva più sopprimerlo. Allora stabilì di mandarlo a combattere la Chimera e Bellerofonte la uccise. Poi fu inviato a portare a termine missioni sempre più pericolose e lo fece sempre con successo. Alla fine, non potendo fare altrimenti, Iobate gli spiegò il motivo di tutto quello che stava accadendo e gli diede in sposa la figlia. Bellerofonte visse felice per un certo periodo ed ebbe tre figli ma morirono tutti. Molto depresso, si chiese il motivo della sfortuna che lo puniva nonostante si fosse sempre comportato bene: perché gli dei colpivano i giusti. Con il suo cavallo alato, allora, decise di volare sull’Olimpo. A questo punto ci sono due versioni. Nella prima, Bellerofonte volò prima della morte dei figli quando era pieno di superbia per le sue vittorie. Però Zeus lo colpì con un fulmine, lo disarcionò provocandone la morte. In Omero, invece, non è presente il cavallo alato perché, nell’Iliade, è minimo intervento divino. Bellerofonte venuto in odio a tutti gli dei, vagava solo e depresso, erano già morti figli. A questo punto, Euripide, in una tragedia andata persa, proseguì la storia.
In questa versione, preso il cavallo alato, voleva raggiungere gli dei per provarne l’esistenza… ma, anche in questo caso, rimase fulminato forse per le troppe domande che si era fatto avendo messo in dubbio la realtà divino e compiendo anche un terribile peccato di superbia. Bellerofonte è l’ unico eroe che dubitò degli dei e volle andare a vederli sfidandoli. Ciò dimostra il pericolo dell’incontro con il sacro anche quando lo si nega.
Giovanna Cravanzola