Martedì 10 gennaio 2023, in videoconferenza, Maura Gancitano ha presentato “Specchio delle mie brame. La prigione della bellezza” (Einaudi). L’autrice ne ha discusso con Nicoletta Fasano (Israt). L’ iniziativa è stata organizzata da Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’ Albese – I.C. di S. Damiano, Museo Arti e Mestieri di un Tempo e Comune di Cisterna d’ Asti, Israt, con Fra Production Spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti. Maura Gancitano è scrittrice e filosofa. Collabora con Radio1, «Vanity Fair», «Linus», «Donna Moderna». Ha pubblicato Malefica. Trasformare la rabbia femminile (Tlon 2015) e, insieme ad Andrea Colamedici, Tu non sei Dio. Fenomenologia della spiritualità contemporanea (Tlon 2016), Lezioni di Meraviglia. Viaggi tra filosofia e immaginazione (Tlon 2017), Liberati della brava bambina. Otto storie per fiorire (HarperCollins Italia 2019), Prendila con filosofia. Manuale di fioritura personale (HarperCollins Italia 2021) e L’alba dei nuovi dèi. Da Platone ai big data (Mondadori 2021). Per Einaudi ha pubblicato Specchio delle mie brame. La prigione della bellezza (2022). Nicoletta Fasano è una storica, ricercatrice presso l’Israt.
Un pubblico numerosissimo ha partecipato all’incontro. “Un privilegio e un’ opportunità” ha detto Nicoletta Fasano riferendosi alla presentazione questo saggio che offre una chiave di lettura diversa rispetto al tema della bellezza. Già nella Grecia antica, le donne erano spinte ad occuparsene perché dava loro ruolo e valore. Oggi – ha detto la Gancitano – la grande distribuzione ha contribuito a creare un’idea di bellezza che sembra naturale ma non lo è. Con la nascita della fotografia (intorno al 1830), l’urbanizzazione, l’idea sociale della donna stava cambiando: da un lato si permetteva loro di accedere ma, dall’altro lato, si regolamentava il loro costume: come vestirsi, muoversi, mangiare in modo appropriato ovunque. Codificate solo tra fine ‘800 e inizio ‘900, queste norme ci sembrano naturali perché diffuse con i mezzi d’ informazione. Oggi sono diventati offerta e determinano comportamenti che bisogna assolutamente fare e determina spese e anche perdite di tempo perché la bellezza è una qualifica professionale.
“Spesso ascoltiamo o meno una donna perché non attratti da ciò che dice ma dal suo fisico o dal suo vestito. Tutto ciò determina un senso di insoddisfazione costante perché è impossibile sentirsi adeguati, questo a causa della continua attenzione sulla “frammentarietà del nostro corpo” per renderlo adeguato” ha sottolineato Nicoletta Fasano.
Infatti, già dall’inizio, le riviste si diffondevano perché erano lette da persone che volevano migliorarsi come le donne. Erano piene di lettere e consigli in cui, ad esempio, la cellulite ha iniziato a essere fatta passare come un accumulo di tossine nelle donne. Una visione quasi medievale ma l’ importante era spingere le donne ad acquistare prodotti e servizi. In effetti, sono proprio le donne ad acquistare l’80% dei prodotti di una nazione.
Inizialmente, le fotografie hanno veicolato immagini di donne normali ma, successivamente, hanno diffuso solo quelle belle, dai corpi giusti a discapito di tutti gli altri. I primi devono essere invidiati mentre tutti gli altri cercano di rispondere a quel tipo di idea ma senza ancora esagerare per via del decoro. Gli abiti non sono ancora eccessivi ma tutta questa attenzione inizia a diventare un lavoro.
Negli anni ‘90 si inizia a studiare l’impatto e nel ‘97 prendono il via gli studi sull’oggettivazione.
Il corpo femminile oggettivato e ciò ci porta a oggettivarci. Le donne sono portate a guardarsi dall’esterno, sono spinte sempre a domandarci come stanno apparendo agli occhi degli altri. In questo modo diventano dei giudici spietati e non si permettono di sentire le loro percezioni interne (il cuore, il sonno ma anche i desideri e i sogni).
Distolgono l’attenzione da ciò che si sta facendo ed è come se ci fossero interferenze costanti perché si immagina sempre come si potrà apparire agli occhi degli altri.
Ad esempio, una ricerca dell ‘Economist dice che donne magre guadagnano di più di quelle grasse.
È naturale apprezzare tratti piacevoli ma non lo sono i pregiudizi come associare certe caratteristiche a un giudizio morale e alle capacità. Chi ha disabilità motorie viene infatilizzato perché si ritiene che abbia difficoltà logiche.
“Le videoconferenze del periodo pandemico hanno influito in tutto ciò accentuandolo” ha detto Nicoletta Fasano.
Non guardandoci più in faccia, rimanendo a distanza – ha sottolineato Maura Gancitano – non ci dà il senso dei ruoli e portando il boom della medicina estetica anche sugli uomini. I social, però, non sono i colpevoli però gli effetti ci sono. Solo la cultura può insegnarci come muoverci.
Oggi, invece, tutto si diffonde velocemente imponendo movenze, modo di parlare… e noi, che abbiamo bisogno di essere accettati, faremmo di tutto per esserlo.
Crescendo, il mito della bellezza ci interessa di meno ma ci influenza. Si deve dimostrare di stare al mondo o, comunque, di essere in grado di far vedere come mostrarti.
Oggi l’identità personale si costruisce pervasivamente sui social tramite relazioni molto complicate da gestire.
“Ma come riappropriarsi del concetto di bellezza?” ha chiesto Fasano
“Bisogna sapere che molti adulti fanno fatica e, spesso, sono uomini. I giovani, invece, assorbono meglio queste riflessioni anche attraverso i social. Un tempo c’era bisogno di parlare di questo ma non eravamo preparati e bisogna essere preparati per farlo. Oggi si studiano i disturbi alimentari anche nei ragazzi e, per certi versi, sono di più forse perché sono un campione più analizzato. È la Sindrome di Adone che, nell’uomo, porta ad un’alimentazione salutista e molto allenamento. Oggi i ricercatori ci dicono che per uscirne bisogna costruire un’immagine positiva di sé pensando al benessere e non solo per fattori estetici e aiutando le persone a non pensarsi solo come corpi o oggetti che devono essere guardati. Invece, spesso, il corpo delle donne è visto come frammentario, solo un biglietto da visita mentre gli uomini vedono il proprio come uno strumento per fare qualcosa. Uscendo dai paesi dove il mito bellezza ha attecchito, le cose non stanno così.
Guardando le proprie foto del passato, gli uomini vedono le cose di loro che piacciono. Le donne, invece, guardano i loro difetti e, se i corpi sono quelli degli altri, fanno confronti e si giudicano in modo estremo disprezzandosi.
“Ma in realtà, forse, la bellezza è la connessone degli altri e negli altri” ha concluso Nicoletta Fasano.
Giovanna Cravanzola