Venerdì, 24 Febbraio 2023 | Scritto da: didattica

Un libro per parlare di donne e Resistenza – quello che è stato presentato venerdì 3 marzo 2023 in videoconferenza - in occasione della Commemorazione della Battaglia di Cisterna e S. Stefano Roero ma anche della Festa della donna. Si tratta del saggio “La Resistenza delle donne” (Einaudi) di Benedetta Tobagi ha dialogato con la dott.ssa Nicoletta Fasano dell’ Israt. L’ iniziativa è stata organizzata da Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’ Albese – I.C. di S. Damiano, Museo e Comune di Cisterna con Fra Spa, Israt, Ass. “Franco Casetta”, Lib. “Il Pellicano” e Aimc Asti.

Le donne furono protagoniste della Resistenza: prestando assistenza, combattendo in prima persona, rischiando la vita. Una «metà della Storia» a lungo silenziata a cui Benedetta Tobagi ridà voce e volto, a partire dalle fotografie raccolte in decine di archivi. Ne viene fuori un inedito album di famiglia della Repubblica, in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. La Resistenza delle donne è dedicato «A tutte le antenate»: se fosse una mappa, alla fine ci sarebbe un grosso «Voi siete qui». Insieme alle domande: E tu, ora, cosa farai? Come raccoglierai questa eredità?“.

Benedetta Tobagi è nata a Milano nel 1977. Laureata in filosofia, Ph.D in storia presso l’Università di Bristol, continua a lavorare sulla storia dello stragismo. È stata conduttrice radiofonica per la Rai e collabora con «la Repubblica». Dal 2012 al 2015 è stata membro del consiglio di amministrazione della Rai. Si occupa di progetti didattici e formazione docenti sulla storia del terrorismo con la Rete degli archivi per non dimenticare. Per Einaudi ha pubblicato Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre (2009 e 2011), Una stella incoronata di buio. Storia di una strage (2013 e 2019), Piazza Fontana. Il processo impossibile (2019) e La Resistenza delle donne” (2022).

È un grande affresco corale delle donne della Resistenza, un lavoro di ricamo, di scavo paziente e preciso in un libro che è un grande affresco corale delle donne della Resistenza. C‘è la riconsegna i volti e la voce di quella Resistenza taciuta. L’autrice ha saputo restituire quella molteplicità di ‘resistenze’, ciascuna con il proprio sentire perchè ciascuna donna ha partecipato a modo suo ma tutte lo hanno fatto in modo particolare. Le donne, infatti, non erano renitenti alla leva ma, comunque, decisero di partecipare. ha detto in apertura Nicoletta Fasano.

Molto apprezzata dall’autrice la similitudine con il ricamo perchè, in un libro che è intreccio, si intersecano sia le biografie di queste donne resistenti ma anche la ricerca di tre generazioni di studiose che danno senso a pagine di storia scritte da donne per le donne. Come ha sottolineato la Tobagi, tanti erano allora sia i motivi per combattere che i modi per farlo. Tutte le donne, quando vengono intervistate, si riconoscono come le sole volontarie ed è stato importante ridare un nome a queste tante voci. Terminata la guerra, molte non si raccontano per decenni ma, negli anni ‘90, con la situazione femminile durante il conflitto nella Ex Jugoslavia, si ritorna a cercare le testimonianze delle donne in guerra.

E proprio loro, le combattenti, all’inizio delle interviste non si danno importanza ma, a poco a poco, cominciano a raccontare. Innanzitutto, il primo compito che moltissime donne si attribuiscono (anche senza entrare effettivamente nella Resistenza) è quello di accogliere, sfamare e rivestire gli sbandati.

A settembre, si celebreranno gli 80 anni dall’ 8 settembre e vorrei che sparisse la definizione di ‘morte della Patria’ perchè, al contrario, proprio in quel momento le donne iniziano la più grande operazione di salvataggio mai vista e, dall’ altro lato, si ribellano contro l’essere considerate solo mogli e madri. Vedono la Patria in quei corpi cenciosi e sfiniti e decidono che non possono stare a guardare” ha detto l’ autrice.

Alcune si spostano più in prima linea, come Tina Anselmi o Ada Gobetti (molto brava a coinvolgere, formare e intercettare le donne). Proprio l’ Anselmi, dopo aver visto a 16 anni ai cadaveri dei partigiani impiccati, decide che deve agire perchè non si può obbedire a una legge ingiusta.

La partigiana Bianca Guidetti Serra, nel ‘77 intervista le compagne. Molto spesso si tratta di donne senza titoli di studio, lavoratrici, anarchiche, socialiste o comuniste che vanno a lavorare giovanissime, spesso in ambienti terribili. Sono donne agguerrite che, con timido orgoglio, affermano che nessuno ha insegnato loro ‘l’idea” ma che, vedendo l’ingiustizia, hanno dovuto agire. Così fanno cose incredibili, militando per il lavoro, viaggiando e diventando poliglotte senza aver studiato. Quando nascono i Gruppi di difesa della donna, si danno un programma e iniziano a chiedere la parità di paga tra uomini e donne.

Una cosa che mi ha commosso, è la scelta di liberazione personale – ha sottolineato l’ ospite – perchè tante di tuffano in questa esperienza perchè si sentono costrette in una realtà troppo stretta. Marisa Ombra diventa anoressica e riesce a riaversi quando porta a casa dei volantini antifascisti che devono essere prodotti. Ritrova un motivo per vivere”.

Tutto ciò è valido anche oggi perchè, quando il mondo è complicato, ci si scontra con la mancanza di senso ma, incontrando qualcosa di più grande di noi, si può trovare la propria salvezza. I sorrisi di queste donne sono disarmanti, ti investono e ti parlano e sono quelli di persone che hanno trovato se stesse: sanno perchè stanno al mondo e questo si rispecchia anche nelle loro parole. Per questo, molte di loro definiscono la Resistenza come il periodo più bello della loro vita.

Mi ha commosso anche un’altra cosa. Dopo aver scritto di mio padre, ho scoperto che tutti che mi dicevano di ricordarsi del suo sorriso. Ho percepito proprio questo anche in queste donne e tutto ciò ridimensiona la prospettiva della morte” ha detto l’autrice.

Queste donne sono staffette, spesso operaie come Olga Idrame che – ha ricordato la dott.ssa Fasano – hanno subito e visto i supprusi in fabbrica. Per loro la Resistenza rimane il momento più bello della vita”

Donne- anche più mature - che, però, sanno anche utilizzare giocosamente la propria bellezza per ingannare il nemico e ciò restituisce la loro dimensione femminile ma anche una consapevolezza diversa. Vissute in contesti patriarcali cattolici, ottocenteschi… per loro anche il fascismo aveva dato un poì più di libertà rispetto alla modernizzazione dei costumi. Durante la Resistenza queste giovani scoprirono, in un contesto promiscuo, il proprio corpo. La gioia e l’entusiasmo sono una dimensione che non bisogna dimenticare rispetto all’orrore e di cui, nel saggio, si è voluto dare respiro. Impossibile, a questo proposito, non ricordare l’effervescenza e il fascino di Margherita Mo, recentemente scomparsa.

Donne che hanno il profilo di essere ciò che si sentono e vogliono essere e la cui forza emerge nelle pagine. Tutta questa energia, ha detto la Fasano, si sconta successivamente con la “Tristezza della liberazione” perchè il sogno si scontra con la dura realtà. Le partigiane, consapevoli di quanto si sono battute, hanno difficoltà a sfilare per la Liberazione. Olga Stroppiana diceva che pur avendo cercato cercato di togliere tutta l’ immondizia dal mondo, era tornata. Tersilla Fenoglio diceva che si percepivano come prostitute. Era concessa di vestirsi da crocerossine non da partigiane. Nelle foto, infatti, le loro facce sono tristi.

Una delle verità delle partigiane è che non possono raccontare nell’immediato ma solo dopo ed è un racconto antiretorico. Successivamente, le donne fanno esplodere la Resistenza tradita che esplode con terrorismo rosso. Alcune donne sono così deluse da invidiare chi è morto perchè, il ritorno è indietro è scioccante e lo vivono anche nel privato. Non trovano più un posto in cui ritrovarsi. Vogliono fare politica attiva ma non vengono accettate, soprattutto se militano a sinistra. Occorre, per questo, dar merito a donne come Tina Anselmi. Nella tristezza entrarono anche altre componenti. Alcune restarono spezzate da questa esperienza soffrendo di disturbo da stress post traumatico.

Molte non parlarono, se non molto tardi, delle violenze subite e, nell’immaginario collettivo, rimase l’idea che se lo fossero cercato e che non sarebbe accaduto se fossero restate a casa. In questa tensione, parecchie raccontano di non riuscire più a piangere rimanendo nei loro silenzi anche nelle famiglie che, solo oggi, ne scoprono la grandezza. Altri raccontano come, invece, quei silenzi rimasero come una cappa di piombo in casa. Eppure furono circa settantamila anche se, sicuramente, le cifre sono sottostimate perchè quasi tutte erano clandestine. Gli uomini, invece, arrivarono spesso tardi nelle formazioni e, sovente, senza mai aver combattuto. Però, se il numero effettivo di veri partigiani è di 150 000 mila, il numero stimato di donne combattenti è decisamente importante.

Purtroppo, spesso è rimasta nella memoria solo una Resistenza maschia e armata. Per questo, poche donne vennero premiate, sia da vive che da morte. Era sparito il movimento corale e di massa. Fortunatamente, gli storici ripresero il grosso del lavoro negli anni ‘90 (anche se studiose come Anna Bravo avevano approfondito questi temi già negli anni ‘70).

Raramente le donne, sia quelle che parteciparono in armi o con che contribuirono ad accogliere partigiani, richiesero un riconoscimento e lo fecero sia perchè ritenevano di aver risposto ad un imperativo categorico, sia per il quieto vivere in famiglia.

Oggi – ha detto l’autrice - vedo la necessità di prese di posizione radicali rispetto alle donne. Il lavoro però è uno dei temi su cui si gioca la partita per la differenza di genere oggi. Il discorso non è solo che il femminile ma sono sempre le donne nn devono sacrificarsi e, per qt riguarda il welfare, spesso solo le sole a farsene carico nelle proprie famiglie. A destra, la donna può avere posizioni di comando ma solo perchè non sovverte lo stato delle cose e non dà fastidio”n le donne che se ne fanno carico”.

Come ha sottolineato la dott.ssa Fasano, nel saggio si percepisce l’autrice alzarsi in piedi perchè è giunto il suo turno di parlare di questi temi ma si coglie anche che si tratta molto di più di una ricerca.

Mi emoziona, questo libro è servito ad altre donne vicine a me ed è appartenuto ad altre persone. C’è dentro qualcosa di profondo e non facile della vita di tutti noi. Sono donne che si salvano e trovano se stesse scrivendo e, all’interno delle pagine, ho trovato qualcosa di profondamente mio” ha concluso l’autrice.

Giovanna Cravanzola

LA RESISTENZA DELLE DONNE”

INTERVISTA A NICOLETTA FASANO IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BENEDETTA TOBAGI

Alle donne, Benedetta Tobagi dedica “La Resistenza delle donne” (Einaudi) che è stato presentato (Meet) il 3 marzo 2023 per il Polo Cittattiva per l’ Astigiano e l’ Albese – I.C. di S. Damiano, Museo e Comune di Cisterna con Fra Spa, Israt, Ass. “Franco Casetta”, Lib. “Il Pellicano” e Aimc Asti. Nicoletta Fasano ha dialogato con l’autrice ed a lei abbiamo rivolto qualche domanda. A 78 anni dalla fine della guerra, non si è già detto tutto? La storia crea relazioni con tutti. È il nostro punto di riferimento, non finisce mai di dire. Libri come questo promuovono la storia di genere. Le donne dovrebbero riappropriarsene, ancora non è accaduto. Fino ad allora, non ci saranno progressi. Significa fare i conti e capire i vuoti ma anche i pieni del protagonismo femminile. Qual è stato il ruolo delle partigiane dopo il ‘45? Storie diverse. Alcune ritornarono nel privato domestico: la Resistenza fu un tempo di maturazione. Altre si impegnarono in politica, spesso nel sociale o in associazioni, sindacati. Altre si distinsero nelle amministrazioni. Pochissime entrarono in Parlamento come le 21 madri costituenti. Per tutte, la svolta fu il diritto di voto nel ‘46, il giusto riconoscimento. Partigiane di ieri. E oggi? Le donne, sempre, attuano la resistenza contro una società troppo maschilista. La pandemia ha accentuato le disparità. C’è stato un gap generazionale. Le femministe degli anni 70, avevano preso le distanze dalle partigiane considerate lontane perdendo, così, le storie delle donne al voto nel ‘46 e anche le vite delle partigiane raccolte molto tardi. Pioniere Anna Bravo, Luisella Passerini, Annamaria Bruzzone e anche per questo importante questo libro è importante. Partigiane piemontesi? Sono molte, spesso dimenticate perché i loro nomi non vennero raccolti nelle pratiche burocratiche gestite da uomini. Molte non ottennero nessun tipo di riconoscimento. Tersilla Fenoglio raccontò l’esclusione anche dalla sfilata del 1 maggio ‘45: si voleva dare delle bande una visione morale. Le donne potevano essere considerate prostitute. Invece furono proprio loro che, nel quotidiano, curarono i rapporti familiari e i più deboli. Ecco i nomi di alcune di loro: Celestina Bona, Margherita Cappello, Maria Cincia, Maria Gallo, Fede Molinatti, Nuccia Reggio, Ester Rocca, Olga Stroppiana, Olga Idrame, Marisa e Pini Ombra, Anna Cherchi, Margherita Mo, Nicoletta Soave.

Giovanna Cravanzola

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