“Sono un giornalista di guerra. Mai rimasto disoccupato”. Così Domenico Quirico ha aperto l’incontro con le scuole per la presentazione di “Quando il cielo non fa più paura. Storie della guerra per raccontare la pace” (Mondadori). L’iniziativa è stato promossa da Polo Citt. Astigiano Albese – I.C. S. Damiano, Museo e Comune di Cisterna, Fra Production Spa, Israt, Ass. “F. Casetta”, Lib.“Il Pellicano” e Aimc di Asti. Quirico, con un linguaggio accessibile a tutti, ha catturato i ragazzi che gli hanno posto numerose domande. Il viaggio è fondamentale per un reporter. “Quello di Ulisse lo cambia. Questo è il mio modo di viaggiare. Lo faccio in situazioni terribili, la normalità per molti. Mi trasformo, non sono più lo stesso che è partito. Ho scritto questo libro convinto che, fin da piccoli, bisogna sapere che la guerra è la realtà del mondo. Per molti ragazzi fa parte del loro quotidiano da sempre” ha detto. L’ esigenza è quella di rendere visibile una realtà dove tutto è distruzione orizzontale che priva dei punti di riferimento. “La guerra è macerie. Abbiamo una geografia del vivere ma la città, ripiegandosi, si cancella. Per altri ragazzi, non ci sono più i luoghi amati e si deve costruire un’altra geografia. Per sopravvivere, la meta sarà l’unico forno per il pane. Si cammina curvi correndo per via dei cecchini. Si costruisce una gerarchia della sopravvivenza. Gli oggetti di una vita sopravvivono solo nell’ immaginazione” ha proseguito. I micidiali e maneggevoli Kalashnikov restano. “Un oggetto moderno, i bimbi giocano a smontarli anche bendati. I genitori glieli mettono in mano perchè sono l’unica possibilità di sopravvivere. I buoni spariscono”. Non c’è posto per il domani, l’unico sogno è restare vivi. Difficile, partendo da mondi lontani, comunicare. “Non conoscono pace, raccontano solo violenza. Ci sono altri ‘mondi nel mondo’ di cui ci accorgiamo, per caso, solo se la guerra si avvicina. In Ucraina, ormai, il mondo è sottoterra. Milioni di ragazzi vivono così per anni. La guerra ti travolge, ti domina, bisogna conoscerla, guardarla negli occhi. Per raccontarla, bisogna entrarci. Lo faccio dando voce allo sguardo dei protagonisti perchè il giornalismo è onestà, senso civico. Mi commuove la sofferenza, non posso essere indifferente. Quando riparto, sento di aver tradito perchè li abbandono. Purtroppo, senza giornalismo, c’è la notte della storia, le sofferenze rimangono silenzione. Per questo, nonostante i pericoli di un lavoro che ho scelto, continuo. Non ho dimenticato nessuno di quelli che ho incontrato, tutti fanno parte di me” ha concluso.
Giovanna Cravanzola