Dopo una lunga pausa, Gianni Oliva è tornato al Castello di Cisterna, giovedì 20 aprile 2023, per presentare il suo ultimo libro “Il purgatorio dei vinti. La storia dei prigionieri fascisti nel campo di Coltano” (Mondadori). Ne ha discusso con Mario Renosio. L’incontro è stato organizzato da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di S. Damiano, Comune e Museo Arti e Mestieri di Cisterna, Israt, Casa della Memoria, della Resistenza e della Deportazione di Vinchio, Centro Internazionale di Studi “Primo Levi” di Torino, Associazione “Franco Casetta” per la Memoria della Resistenza di Canale con Fra Production Spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti nell’ambito delle iniziative per il 78° della Liberazione.
Il tema, come ha detto Renosio in apertura, è complesso e la ricerca, finora, non ha approfondito molto il tema. Il saggio, in particolare, analizza la situazione del Campo di concentramento di Coltano dove furono reclusi anche personaggi famosi nel dopoguerra come Raimondo Vianello. Il senso del volume è affrontare questo tema riprendendo diversi temi già affrontati dall’autore sulla guerra civile nel quale sprofondò il Paese.
Gli angloamericani, preparando lo sbarco in Sicilia, non sapevano se sarebbero stati accolti come liberatori o occupatori. Temendo ostilità, per preparare il terreno, si allearono con la mafia offrendo in cambio di poter scegliere i candidati per le cariche pubbliche. Per sicurezza, predisposero anche campi di prigionia per i civili sospettabili di essere oppositori. Uno di questi si trovava a Padula che, riempito oltre misura, ebbe un alto tasso di mortalità. Per essere detenuti era sufficiente essere sospettati. Così, nei primi mesi, vennero incarcerati i segretari comunali scambiati per segretari del partito fascista perché erano figure che non esistevano negli Usa. Uno degli arrestati fu Achille Lauro. Però, nella primavera del ‘45, occorreva pensare al destino dei fascisti in armi. La Repubblica di Salò era implosa ma non firmava la resa. Molte esecuzioni, per questo, furono certamente sommarie. Si stima che furono tra le 10 000 e le 12 000 persone.
Oggi è difficile dare un giudizio ma, forse, si può cercare di capire con la consapevolezza che, in quei momenti, la vita aveva un valore diverso da quello che gli attribuiamo oggi.
Gli angloamericani creano circa 100 punti di raccolta per chi si arrende si accorgono subito, però, che è un’operazione molto dispendiosa e allora scelgono la sede di Coltano come sede concentrazionaria ideale per la lontananza dalle grandi capitali, per la vicinanza al porto di Livorno e a una nascente base americana.
Circa 34 000 fascisti vi rimasero ma maggio all’autunno del ‘45: era necessario fare le verifiche dei diversi detenuti ma non c’era tempo per identificarli, effettuare i controlli. C’erano difficoltà anche per le traduzioni di ciò che veniva dichiarato dai detenuti.
Nel campo era molto difficile far passare il tempo in un’attesa (anche se non erano assolutamente paragonabili ai campi nazifascisti) che portava al disagio psicologico causato anche dal sovraffollamento, dal clima rovente e privo di zone in ombra, dalla denutrizione.
Le famiglie cercavano notizie dei prigionieri ma gli americani non potevano fornirle perché mancavano gli elenchi. Così, fuori dalle recinzioni, intere famiglie urlavano i nomi dei propri cari in attesa che qualcuno rispondesse. Alla fine si lasciò la gestione del campo agli italiani e, a fine novembre, venne definitivamente chiuso.
In seguito, i dirigenti della Dc e del Pc cercarono i detenuti per comprendere dalle loro parole come avevano vissuto quell’esperienza così forte ma anche per cercare, in qualche modo, per farli aderire ai loro rispettivi partiti. Si trattava di giovani e, inoltre, si cercava di partire dalla connotazione sociale dell’ RSI. Il giornalista Sandro Curzi venne mandato dal Pc a fare opera di convincimento. Raimondo Vianello che visse quell’esperienza non la rinnegò mai e ne parlò nel ‘98 sottolineando che era necessario comprendere la differenza tra le ragioni (sbagliate) dell’ RSI e dall’altro alle motivazioni soggettive di chi vi aveva aderito in buona fede.
Dario Fo, invece, pur essendo stato detenuto a Coltano, lo negò per tutta la vita.
Per anni, si è pensato che l’unica colpa fosse quella dei militanti della Repubblica di Salò sminuendo così quella di chi aderì in precedenza al fascismo.
Di certo l’RSI fu voluta da Hitler per far vedere alla sua nazione che era ancora così forte da liberare un alleato come Mussolini e riportarlo al potere. Il duce era consapevole di questo. Vi confluiscono i fascisti più squadristi e “trombati” ma anche molti giovanissimi.
“Era più facile che entrare nelle fila della Resistenza rispetto all’educazione ricevuta. Erano come la maggioranza degli italiani” ha detto Oliva.
Ancora oggi, nella guerra che si sta combattendo, è ancora così. Usiamo in modo indifferente le parole confine e frontiera. In realtà il confine divide ma sulla frontiera convivono comunità diverse.
Il nome Ucraina vuol dire appunto “terra di confine” dove le comunità hanno convissuto finché non ci sono stati troppi attriti politici.
Rispetto alla fine del conflitto, sarebbe stato necessario comprendere molti anni prima e non fare un grande calderone. “Il problema non era fare un’epurazione ma capire come mai l’Italia fosse caduta in una situazione così disastrosa. Così ci siamo autoassolti”.
Giovanna Cravanzola