Un incontro rimandato da tempo, è quello che si è tenuto terra sabato 27 maggio 2023 al Castello di Cisterna per la presentazione di “Canti popolari del Piemonte” di Costantino Nigra, Nuova edizione (Neri Pozza) con i curatori Franco Castelli, Alberto Lovatto anche in rappresentanza di Emilio Jona. L’iniziativa è stata organizzata da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di S. Damiano, Museo Arti e Mestieri e Comune di Cisterna d’Asti, con Fra production Spa, Israt, “Il Pellicano” e Aimc di Asti. In apertura, il sindaco Renzo Peletto ha ufficilizzato l’attribuzione della cittadinanza onoraria a Nicoletta Fasano e Mario Renosio dell’ Israt.
Franco Castelli ha ricordato Betti Zambruno – alla quale era stata dedicata la giornata – e del suo contributo di studiosa rigorosa e appassionata del canto popolare. Proprio Betti aveva studiato il repertorio di Teresa Viarengo di Asti che conteneva le stesse canzoni del patrimonio studiato dal Nigra – come primo ricercatore in Piemonte - a metà dell’ ‘800. I canti della Viarengo – precisi e ricchi di storia – sono stati raccolti nel cd “Cantè Bergera”. Costantino Nigra è stato poeta, letterato, politico ma anche grande filologo, ricercatore e diede una svolta alla ricerca floklorica. Il suo intento era il recupero del canto narrativo nel nord Italia. Scoprì che i canti dialettali avevano una valenza europea e individuò, in Italia, due aree che si ripercuotevano anche nel folklore. Il primo, a Nord, si basava su cultura gallica, italica e celtica – con influenze sui dialetti e la tradizione cantata - mentre il secondo era italico latino.
La ricerca sul campo, a un secolo da Nigra, è riuscita a trovare questi canti narrativi. Resistenza, memoria, flessibilità testuale e melodica li hanno fatto arrivare fino a noi. “Nel saggio – ha detto Castelli – abbiamo voluto offrire un corpo sonoro palpabile facendo emergere l’estrema flessibilità”. Infatti, come ha sottolineato Lovatto, si tratta della prima edizione che, oltre al testo, propone le voci. I curatori hanno cercato un esempio sonoro di tutti i canti anche se non è stato possibile trovarli di tutti. Notevole la varietà delle melodie. La ballata non era strutturata ma c’erano degli schemi fissi su cui chi cantava si regolava anche in base al luogo e alla risposta del pubblico. “Teresa Viarengo, infatti, non ha imparato una canzone ma un metodo ed era in grado di utilizzare diverse melodie. Cantava in una lingua poetica mista (italiano, piemontese e francese). A differenza dell’archeologia che si muove per stratificazioni verticali, l’antropologia si muove orizzontalmente. Successivamente, il canto si impara e la melodia rimane identica” ha proseguito Lovatto.
Come ha sottolineato Castelli, la possibilità di registrare le voci – a partire dall’utilizzo del magnetofono – ha permesso di raccogliere del materiale che si potesse condividere non solo attraverso la scrittura perchè la prima trasmissione avveniva proprio da bocca a orecchio. La registrazione audio ha permesso di raccogliere il suono, la voce e lo stile che sono fondamentali. Dal ‘58 in poi, Jona e Liberovici spaziano su tutto il territorio piemontese per raccogliere questo patrimonio. Leydi inizia negli anni ‘70 e con Coggiola scopre la Viarengo. Nelle Langhe, dagli anni ‘70 e ‘80, è Beccaria a occuparsene così come Dino Fenoglio e Piero Dematteis nel cuneese.
Maurizio Martinotti di Casale, effettua la ricerca nelle valli e nel Monferrato con “La Ciapa Rusa”.
“Ritornando alla melodie, dall’ ‘800, pochi documenti riguardano la musica perchè l’attenzione era rivolta alla poesia popolare che non al canto. Nigra trova 16 linee melodiche, le uniche che ha raccolto ma ne sono state ritrovate molte altre” ha sottolineato Lovatto.
Comunque la ricerca continua perchè, come ha ricordato Castelli, si tratta di una materia viva ed identitaria legata al presente. Si trova la violenza ma anche il riscatto della donna in una società patriarcale perchè erano proprio le donne le custodi primarie della memoria strambottiana.
“Sono miti che ritornano ancora oggi nel post pandemia e risorgono con la voglia di cantare in coro canti antichi. Le nuove tecnologie consentono di documentare ciò che pareva morto ma che è rinato” ha proseguito.
Così Flavio Giacchero, a Viù, organizza una festa di cori spontanei, la “Viuleta” ma anche nel piacentino, gruppi di giovani stanno riprendendo l’antica tradizione del canto popolare.
Giovanna Cravanzola