Africa o Afriche? Siamo davvero sicuri di conoscere questo continente sterminato e di utilizzare i termini giusti per denominarlo e descriverlo. Di questo e di molto altro ha discusso il giornalista Domenico Quirico il 4 ottobre 2023 al Castello di Cisterna. L’ iniziativa è stata organizzata da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. S. Damiano, Museo Arti e Mestieri di un Tempo e Comune di Cisterna con Fra Production Spa, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti.
Domenico Quirico, laureato in Giurisprudenza ha iniziato la sua carriera a La Stampa alla redazione provinciale di Asti, del quotidiano torinese è stato poi caposervizio degli Esteri, corrispondente da Parigi e reporter di guerra. Inviato in Paesi come il Sudan, il Darfur, l’Uganda, la Tunisia e l’Egitto, si è occupato tra l’altro delle Primavere Arabe. Nel 2011 è stato rapito in Libia e liberato dopo due giorni e nel 2013 in Siria per cinque mesi. Ha pubblicato numerosi saggi.
“Afriche e non Africa di questo parlerei trattando dei migranti” ha sottolineato il giornalista perché non esiste una realtà uniforme e, del resto, non sarebbe possibile vista la vastità del territorio ma anche le diversità che lo caratterizzano. Fino a poco tempo fa, all’interno, c’erano degli elementi che parevano inalterabili come quelle dell’ex impero francese. Per anni, infatti, la Francia ha continuato ad avere il controllo della zona su nazioni di facciata e per mandato americano. L’ Africa mediterranea, invece, è stata affidata a diversi autocrati (da Gheddafi a Mubarack). Tutto questo è stato capovolto dalle rivoluzioni arabe del 2011 e il panorama attuale è completamente cambiato. La Cina è tornata in Africa per via delle materie prime, necessarie alla sua economia, e ha iniziato a erodere le posizioni occidentali. Non ha vincoli green e democratici e offre in cambio infrastrutture indispensabili. Costruisce a basso costo e qualità e la sua penetrazione è incalzante e prevalente.
Oltre a ciò, dal 2013 in poi, gli jihadisti sono penetrati fino al Sahel proseguendo verso il sud. Attualmente stanno giungendo in Guinea. Dall’altro lato, sono in Centrafrica, Mozambico, Congo. Un altro incomodo che ha determinato il ritorno degli Usa per il petrolio e anche della Francia per difendere i capi di Stato locali. Inoltre, c’è stato il ritorno dei russi e tutto ciò è parte della strategia putiniana. Fino alla fine dell’impero sovietico, la loro presenza non era diretta ma oggi lo è grazie alle armate mercenarie della Wagner che offre sicurezza militare ai regimi africani. Per questo motivo ha molto successo ed è il sostegno effettivo degli eserciti regolari anche quando nega di esserlo. È presente anche il Libia e sostiene il generale della Cirenaica ed è disponibile anche altrove. Offre piccoli eserciti professionisti e, con scarsa fortuna, combatte la jihad ma, soprattutto, sostiene i governi locali. A differenza di quanto si crede, è composto non solo di milizie ma anche di esperti di comunicazione, ingegneri civili… in cambio ottengono concessioni minerarie. Cercano minerali di facile estrazione e commercializzazione: diamanti, oro, uranio. Controllano le dogane – con guadagno – e creano consenso. Non solo, le tv e i giornali creano ulteriore affiliazione sia alla Russia che all’ Armata e ai politici locali creando situazioni impensabili come le ovazioni a Putin. Un elemento reale, e non frutto della propaganda, è la totale avversione dei locali nei confronti della Francia e dell’ Occidente in generale.
“L’ Africa ci detesta – ha detto Quirico – e la Wagner ne ha approfittato come lo ha fatto rispetto ai colpi di Stato che hanno cambiato la geopolitica del continente”. Tutto ciò spaventa la Francia e l’ Occidente ma non siamo in grado di fare nulla. Come interpretare questo fenomeno?
Gli eserciti africani sono diversi da quelli dei golpe sudafricani. Sono inefficienti, i capi supremi sono sottoposti all’ Occidente dove si sono formati. Le milizie, invece, sono composte da gente che aspira alla sopravvivenza. Sono collegate al popolo e ne esprimono gli umori. Il passaggio è una nuova rivoluzione africana. I golpisti, in questo caso, non sono l’espressione dell’esercito ma del popolo che ha subito per decenni false indipendenze che non hanno portato a nulla se non a nuovi sfruttamenti economici senza mercato.
Dagli anni ‘60 al 2020, l’ Africa entra in una dimensione insurrezionale. Diverrà una rivoluzione? Richiederà tempo ma ciò ha determinato uno scatto che impone l’allontanamento degli occidentali perché la loro presenza è superata e non hanno mezzi per restarci. Accanto a tutto ciò, la presenza della Cina – comunque forte – si è affievolita perché la sua economia non è in buone condizioni e non può dare fondi. Tutto ciò non sta succedendo alla Russia perché anche la morte del suo leader non ha affossato la Wagner.
Per Putin, l’ Africa è il fronte sud dove si combatte un’altra guerra e questa presenza continuerà.
Il sud Africa, invece, fa parte dei Brics che hanno il pericolo progetto, per gli Usa, di affrancarsi dal dollaro come moneta di scambio. Per gli Stati Uniti questo sarebbe peggio della guerra perché la loro potenza si basa su questo. Non solo, anche il confronto tecnologico sta facendo emergere Paesi come l’India. Queste economie occupano i 2/3 della popolazione mondiale e questo cambierebbe gli equilibri del mondo. Per quanto riguarda i Paesi arabi, ne fanno parte l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, potenze finanziarie.
Il mondo sta cambiando e l’ Africa è al centro per via delle sue materie prime. È il luogo della seconda guerra fredda come lo è stata della prima perché non c’era il rischio nucleare ma il grande gioco di conquista di cose e uomini era aperta. Ora è il luogo dove si combatterà duramente e dove si conquisteranno o perderanno posti.
“Il nostro è un fascismo geografico. Leggiamo spesso della migrazione vista come fatto strutturale. I razzisti la chiamano emergenza ma, a pensarci bene, definirla come strutturale è una visione anche più razzista perché si ritiene che, tra un secolo, le cose continueranno ad andare in questo modo: un africano fuggirà sempre. Una condanna antropologica dell’africano. Questo è razzismo secondo me” ha detto Quirico. In effetti, gli italiani sono stati migranti per secoli. Era strutturale anche questo? Oggi sono intellettuali, ricercatori a scegliere dove vivere e non sono più considerati migranti. Le migrazioni non sono fatti strutturali ma sono legate alle condizioni di un determinato periodo storico. Quando queste ultime spariranno anche in Africa (attraverso la violenza o i miglioramenti economici, sociali e politici), tutto ciò si esaurirà. In fondo, perché dei giovani africani dovrebbero rischiare la vita per approdare in un continente così vecchio come il nostro? Gli europei sono stati estromessi da questo continente perché non c’entravano nulla con esso. Putin, in una Russia oggi terzomondista e autodistrutta nel 1989, ha incarnato questa tragedia nella propria geografia e l’ha trasformata in arma. In Ucraina hanno assaggiato solo il 10% della loro potenza distruttiva. Putin, però, non vuole la 3° guerra mondiale ma il riconoscimento della sua potenza e, intanto, l’Europa non conta più nulla.
Noi occidentali non siamo più al centro del mondo ma ancora non ce ne siamo accorti.
Giovanna Cravanzola