In occasione del Centenario della nascita di Don Milani (1923 – 2023), al Castello di Cisterna martedì 21 novembre 2023, si è tenuto un incontro dal titolo “Don Milani: metodologie e tecniche alla scuola di Barbiana”. A discuterne, Edoardo Martinelli, Beppe Amico, Marisa Varvello e Nicoletta Fasano. L’incontro è stato organizzato da Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.C. di San Damiano con Museo Arti e Mestieri di un Tempo e Comune di Cisterna, Caritas diocesana di Asti, Ti do Credito odv e Regione Piemonte con Fra Production Spa, Israt, Libreria “Il Pellicano” e Aimc di Asti. L’iniziativa è stata resa possibile grazie alla Caritas Diocesana di Asti ed è parte del progetto Vicini ai Lontani co-finanziato dalla Regione Piemonte Bando 7 Sostegno al Terzo Settore e mira al raggiungimento dell’ Obiettivo 1 dell’ Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Edoardo Martinelli nasce a Rho (Mi) il 20 settembre del 1950. Giunge per la prima volta a Barbiana nel luglio del 1964. Dopo una bocciatura decide di frequentare la scuola attratto dalla figura carismatica del Priore. È coautore di Lettera a una professoressa.
Beppe Amico è direttore della Caritas Diocesana di Asti. Nicoletta Fasano è ricercatrice, storica, direttrice dell’ Israt. Marisa Varvello, già docente di italiano e storia, è stata sindaco di Chiusano d’ Asti dal 2004 al 2019.
La serata è stata aperta dai saluti del sindaco Renzo Peletto, del parroco Don Canta e di Tiziana Mo che ha lasciato la parola a Beppe Amico, grazie al quale è stato possibile realizzare l’incontro. Infatti, l’iniziativa nasce intorno alla Giornata mondiale dei poveri e grazie al Bando del 3° settore della Regione. Il comune di Cisterna, avendo sottoscritto il protocollo, è stata inserita nel progetto. A introdurre l’incontro, le letture di Ilaria e Chiara Massocco tratte da Lettera a una professoressa che è l’ultimo lavoro seguito da Don Milani che morirà da lì a breve. Edoardo Martinelli ha fatto parte dell’ultimo gruppo di ragazzi di Barbiana, il gruppo delle scritture. Come ha sottolineato, in questo ultimo lavoro emerge l’identità di questo gruppo che, viste le condizioni precarie di salute del sacerdote, erano solo otto. A parlare, in quest’opera, sono i bocciati al corso magistrale che a Barbiana non esisteva. La sua metodologia, come ribadiva spesso, prendeva spunto dalla cultura contadina dove il valore della fatica, del rispetto e della solidarietà erano importanti. “Io avrei voluto rinunciare agli studi già in seconda media per avere i soldi che vedevo in tasca ai ragazzi che già lavoravano. Sono arrivato a Barbiana, descritta come un luogo isolato, ma io ero abituato alla montagna e sapevo cosa significava lavorare fin da piccolo. Appena entrato, mi impressionarono i laboratori che mettevano a contatto non solo con i libri ma anche con la manualità. Erano di fotografia, falegnameria, lingue straniere… Don Milani cercava di aderire il più possibile ai desideri e ai bisogni dei ragazzi. Era un uomo in continua evoluzione che rifletteva con il suo contesto e si modificava in base alle esigenze” ha precisato. Inizialmente, a Barbiana venne aperta una scuola di avviamento, poi una media parificata, successivamente una scuola preparatoria per l’ Istituto Magistrale.
Era un luogo dove scuola e vita si integravano. “Forte era l’attenzione di don Milani verso noi ragazzi. Tutti i ragazzi, a una certa età facevano un viaggio all’estero. Per Don Milani era un esame al vaglio della vita. Avevamo solo 15, 16 anni, pochissimi soldi e pochi punti di riferimento ma sono state esperienze significative. Io ho scelto Londra per via di uno zio che viveva lì e la cui presenza mi rassicurava. Ma anche rimanere a Barbiana offriva molte possibilità di incontro con persone diverse come la segretaria di Fromm. Era un vero e proprio crocevia” ha aggiunto Martinelli.
Rispondendo alle sollecitazioni di Amico, Varvello e Fasano, Martinelli ha sottolineato come un educatore come don Milani parlasse non di contenuti ma delle qualità dei “Maestri”. Spesso aveva rimarcato il fatto di avere avuto appoggio e sostegno dalle famiglie contadine. Oggi occorre una lettura contestualizzata con il presente di quell’esperienza che non può essere considerata statica e conclusa. Don Milani riteneva importante educare la persona e il cittadino nella scuola di base e, solo nei gradi successivi, lasciare spazio maggiore allo studio della materia ma non era una scuola semplice. Si studiava tutti i giorni, anche festivi, attraverso la ricer-cazione, la costruzione di un sapere condiviso e utilizzando diversi strumenti partendo sempre dalla cultura informale e l’emotività dei ragazzi. La lezione di don Milani, valida ieri come oggi, si basa sulla necessità di far provare ai ragazzi il brivido dell’imparare, dello stare insieme offrendo, allo stesso tempo, un senso di prospettiva e di apertura verso il futuro.
Molti gli altri spunti di riflessione offerti dall’incontro che si possono sintetizzare nella denominatore comune l’ esigenza di non santificare quell’esperienza e chi l’ha vissuta ma, al contrario, di farla propria vivendola e mettendola in pratica tenendo conto di un mondo in continuo cambiamento.
Giovanna Cravanzola