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http://www.istoreto.it/didattica/2701_storianonnabambina/storianonnabambina.pdf
“SUSANNA RAWEH. LA STORIA DELLA NONNA BAMBINA
INCONTRO A CISTERNA D’ASTI PER NON DIMENTICARE”
9^ INCONTRO PER IL POLO CITTATTIVA ASTIGIANO E ALBESE
Spesso le manifestazioni per la Giornata della Memoria si concludono in concomitanza del 27 gennaio di ogni anno, relegando tutta una serie di considerazioni ad un periodo limitatissimo di tempo e sempre denso di appuntamenti. In considerazione di questo, il Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese ha deciso di dedicare molti appuntamenti a questo momento storico per analizzarlo attraverso diversi punti di vista. L’ultimo incontro sul tema si è tenuto giovedì 23 febbraio, alle ore 21,00 presso il Teatrino Parrocchiale di Cisterna d’Asti, in collaborazione con l’Associazione Franco Casetta di Canale d’Alba e l’Israt.
Protagonista dell’incontro Susanna Raweh, autrice – con la figlia Dafna - del libro La storia della nonna bambina, uscito in ebraico a Tel Aviv (Ha-Sippur shel Savtà Yaldà-The Story of Granny-Girl, Shufra for Fine Literature, 2004). La Raweh ha studiato Letteratura inglese e Linguistica all’università di Gerusalemme dove ha anche insegnato per alcuni anni. Successivamente si è trasferita con la famiglia in Italia ritornando, dopo qualche anno, in Israele. Proprio in questo periodo si è specializzata in Assistenza sociale con indirizzo psichiatrico. Ha anche lavorato come psicoterapeuta della coppia e della famiglia ad “Amcha”, centro israeliano per il supporto psico-sociale dei superstiti della Shoah e delle loro famiglie.
L’incontro, davvero ricco e denso, si è reso possibile grazie alla preziosa collaborazione della dott.ssa Roberta Arias – che ha introdotto l’ incontro - amica personale della scrittrice. Susanna Raweh ha vissuto con la sua famiglia uno dei periodi più terribili della storia recente a causa della sua appartenenza religiosa. La sua storia inizia in Romania alla fine degli anni ’30, suo padre è medico mentre i parenti vivono in Ucraina. Proprio i nonni, preoccupati per la situazione ebraica a causa del nazismo, invitano i suoi genitori a raggiungerli in quanto temono per la loro incolumità. Purtroppo questo viaggio si rivelerà, al contrario, l’inizio di un lungo peregrinare tra ghetti e campi di concentramento diversi. Però, grazie alla professione medica del padre ed anche per tutta una serie di eventi fortuiti, riescono a salvarsi e, in seguito ad altre vicende, ad approdare in Israele all’inizio degli anni sessanta.
Vicende tristi e dolorose hanno segnato la sua vita di bambina vivace e allegra i cui primi ricordi risalgono alla notte durante la quale le SS irrompono nella sua casa obbligando la sua famiglia a salire, dopo una attesa lunga ore in un piazzale freddo, su un treno merci per una meta dal quale la maggior parte degli altri deportati non farà ritorno. Approdano in un campo di lavoro dove gli adulti sono stremati dalle fatiche per la costruzione delle strade che serviranno ai tedeschi. I genitori cercano in tutti i modi di tutelarla, di nasconderla quando ormai è l’unica bambina rimasta al campo. La piccola Susanna, di soli quattro anni, mantiene l’allegria che trasmette anche alle altre persone che condividono questa esperienza terribile. Oggi molti suoi ricordi, forse le parti più drammatiche di questa storia, sono state cancellate dalla sua memoria ma rimangono quelli relativi alle persone “buone” anche quelle che, nonostante il colore della divisa che portano, salvano la sua vita, quella della sua mamma e del suo papà. Ad esempio il comandante di un campo - che ha avuto il compito di occuparsi della costruzione di queste strade grazie al lavoro degli schiavi che gli sono stati assegnati - fa in modo che Susanna non venga deportata con i vecchi e i bambini in altri luoghi ancora peggiori dal quale, come si legge nel libro: “In un posto/Dal quale nessuno/Era mai tornato.” Il libro, illustrato con i disegni della figlia Dafne, nasce proprio dalla richiesta di quest’ultima a Susanna affinchè racconti ai nipoti la vicenda che ha vissuto.
Questa urgenza è diventata per Susanna, come per altri sopravvissuti, un imperativo categorico dopo anni di silenzio e di rimozioni anche all’ interno del nucleo della sua famiglia. L’ intento è di parlare ai più piccoli con un linguaggio semplice, lo stesso linguaggio universale che avrebbe utilizzato la piccola Susanna per farsi comprendere dai suoi coetanei. Queste pagine preziose – che sono in attesa di un editore che voglia proporle anche in Italia (per ora il testo è scaricabile alla pagina http://www.istoreto.it/didattica/2701_storianonnabambina/storianonnabambina.pdf )– hanno raggiunto il duplice scopo di coniugare il dovere della memoria con quello della speranza che apre il cuore ad un nuovo domani. La dott.ssa Arias, nel suo intervento, ha sottolineato quanto sia doloroso ogni volta per Susanna ripensare a quel periodo che ha coinciso con la sua prima infanzia. Riparlarne è rivivere quei momenti ma anche lasciare agli altri qualcosa prezioso di sé. Per questo, ha evidenziato la Arias, Susanna Raweh non si sente una vittima ma una sopravvissuta che per anni ha taciuto, come molti altri nella sua condizione, perché raccontare voleva dire soffrire e anche far soffrire. Proprio la Raweh ha detto: “Abbiamo subito un suppruso che ci ha lasciato segni indelebili… dobbiamo tutelarci per sopravvivere… “. Per lei, oggi, sono rimasti oltre alla richiesta di giustizia, di ascolto e di comprensione, il piacere di godersi la vita, di sperare in un futuro pieno di sole e bellezza. Susanna Raweh, occhi azzurro cielo in un volto di bambina senza età, con il suo sorriso accogliente, le sue parole calde, ha commosso il folto pubblico intervenuto. Tra loro moltissimi bambini che hanno ascoltato in silenzio e con attenzione il filo di quel lungo racconto che, sicuramente, li avrà fatti immedesimare in quella bimba vispa che, nonostante tutto, ha superato il dolore anche con la forza della sua allegria. Una bella rivincita rispetto a progetti disumani.
I numerosi commenti positivi dei presenti al termine della serata, dimostrano quanto sia importante continuare a proporre momenti di riflessione e conoscenza critica rivolti ad un pubblico vasto e non necessariamente composto da addetti ai lavori.
Giovanna Cravanzola