Lunedì, 24 Settembre 2012 | Scritto da: didattica

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“UN REGNO CHE E’ STATO GRANDE. LA STORIA NEGATA DEI BORBONI DI NAPOLI E SICILIA”

2^ INCONTRO DEL POLO CITTATTIVA PER L’ASTIGIANO E L’ALBESE PER L’A.S. ‘12/’13

La ricostruzione del passato, la ricerca di tutto ciò che riguarda un periodo storico ed i suoi protagonisti, emanano sempre un fascino particolare. Ancora di più se a parlarne è Gianni Oliva. Per questo è stata particolarmente fortunata la serata che lo ha visto come relatore per la presentazione del  suo libro “Un regno che e’ stato grande. La storia negata dei Borboni di Napoli e Sicilia” (Le Scie, Mondadori). L’incontro, organizzato dal Polo Cittattiva per l’Astigiano e l’Albese si è tenuto venerdì 28 settembre 2012 presso il Museo Arti e Mestieri di Cisterna d’Asti che, come sempre, ha collaborato all’iniziativa.

La serata è stata introdotta dall’ins. Sara Mirra - grazie alla quale è stato possibile organizzare questo importante appuntamento – che ha nel presentare Oliva lo ha descritto come uomo del mondo della scuola ma anche storico capace di rendere fruibili le proprie ricerche senza tralasciare per questo il rigore scientifico.

Il libro – come ha sottolineato il relatore – offre una sorta di rivisitazione della storiografia più nota al grande pubblico e presente sui manuali. Parte dalla storia del Regno del Sud a partire dal 1734 al 1861. Nasce dal dibattito scaturito in seguito alle iniziative relative al 150°esimo dell’ Unità d’Italia e le considerazioni di correnti sempre più numerose che puntano ad una rilettura più completa ed attenta della storia del meridione italiano. Ciò è dovuto al fatto che la storia non ricostruisce mai il passato quanto piuttosto la sua memoria ed è sempre e comunque solo il presente a interrogarlo e forse, oggi, i tempi sono maturi per farlo.

Ad esempio se si considera un manuale di storia per le scuole superiori, il Sud viene descritto come profondamente come arretrato ma, consultando il manuale di filosofia per quella stessa classe, emerge un territorio culturalmente all’avanguardia. Un contrasto che appare insanabile tra la rappresentazione di un Sud povero ed un altro culturamente ricchissimo. Ma un’analisi più attenta porta altri dati che sembrano sconfessare l’immagine di indigenza diffusa. Ad esempio l’inaugurazione del 1839 del tratto ferroviario Napoli – Portici e, prima ancora, la costruzione della Reggia di Caserta e del Teatro San Carlo di Napoli.

Per ricucire nel giusto verso questa storia, occorre ripartire dal 1734, quando viene eletto in qualità di regnante don Carlos in quello che, per la prima volta indipendente, è il Regno di Napoli. Il giovane sovrano si scontra subito con le conseguenze delle dominazioni precedenti che hanno lasciato come strascico corruzione dilagante ed ingiustizia ma, con lungimiranza, è consapevole che l’unica strada da percorrere per il nuovo regno è quella della modernizzazione.

Ed è proprio questa che, nel corso degli anni, il sovrano segue grazie anche all’aiuto di una classe dirigente preparata e capace. Re Carlos lotta contro i baroni, contro il potere frenante della chiesa che detiene la proprietà di immensi terreni che, anziché essere produttivi, vengono lasciati a pascolo. Espelle per questo i Gesuiti, incamera i loro bene e li vende ai privati. Abolisce il divieto di presenza agli Ebrei anche se solo per motivi economici visto che gli stessi erano molto attivi sul piano commerciale.

Accanto a ciò ha la consapevolezza che, se Napoli vuole essere una capitale capace di farsi amminare nel mondo, occorre abbellirla per promuoverla anche oltre confine. È il periodo di un’intensa fioritura culturale a tutti i livelli che approda, tra le altre cose, ai primi scavi che porteranno alla luce Ercolano e Pompei e alla nascita del primo Museo di Antichità nella perduta reggia di Portici. Il Regno di Napoli, a poco a poco, diventa meta dei primi turisti culturali.

Nel 1754 don Carlos deve tornare in Spagna dove viene incoronato re a causa della morte dei fratelli maggiori. Diventa Carlo III Re di Spagna. Lascia a Napoli come erede  il secondogenito, ancora minorenne, sotto la tutela del Consiglio di Stato. Si tratta di Ferdinando I che sposerà la sorella di Maria Antonietta, Maria Carolina, donna dinamica e culturalmente preparata che si interesserà di politica e delle vicende del regno. Intanto, in continuità con il precedente sovrano, continua l’opera di modernizzazione e, in quegli anni, il Regno di Napoli viene considerato, tra quelli guidati da despoti illuminati – il più avanzato.

Ovviamente le condizioni delle persone meno abbienti non erano sicuramente floride ma, come sottolineato Oliva, la situazione era simile in tutte le parti d’Italia dove fame e povertà, a certi livelli, non conoscevano confini.

Nel frattempo in Europa emerge la figura di Napoleone con le conseguenti vicende storiche e salgono sul trono di Napoli i discendenti di don Carlos che continuano a percorrere la strada dell’innovazione fino al 1849 quando il re Ferdinando II, dopo averla concessa, ritira la Costituzione e scioglie il Parlamento creando una frattura con la classe degli intellettuali che, allora, emigrano al Nord, in Piemonte dove Vittorio Emanuele II mantiene la Carta Costituzionale. Da allora il sud si richiude su se stesso e termina quel periodo fertile di rinnovamento che l’aveva caratterizzato per più di un secolo.

Molte le domande e  gli interventi dei numerosi presenti alla serata che, ancora una volta, ha insegnato che anche se la storia dei tempi passati sembra essere già  stata scritta, spesso, è ancora tutta da scrivere o, almeno, da completare.

Prossimo incontro - organizzato con il Museo Arti e Mestieri di un Tempo e l’Associazione Canale Ecologia - giovedì 11 ottobre 2012 alle ore 21,00 presso il Castello di Cisterna d’Asti per la presentazione del libro “Pensare come le montagne” di Paolo Ermani. Sarà presente l’autore che dialogherà con Andrea Bertaglio. Ingresso libero.

Giovanna Cravanzola

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