“DOPODOMANI NON CI SARÁ”
IL LIBRO DI LUCA RASTELLO AL CASTELLO DI CISTERNA D’ ASTI
5° INCONTRO DEL POLO CITTATTIVA PER L’ ASTIGIANO E L’ALBESE A.S. 2018/19
REGISTRAZIONE DELL’INCONTRO IN FORMATO MP3
In un mondo sempre più omologato, Luca Rastello – giornalista, scrittore e molto altro ancora – è stato un uomo alla continua ricerca del significato delle cose. Sabato 10
novembre 2018, Monica Bardi Rastello e Maria Grazia Pagliuso hanno presentato il suo libro “Dopodomani non ci sarà. Sull’esperienza delle cose ultime” (Ed. Chiarelettere).
L’iniziativa é stata organizzata dal Polo cittattiva per l’Astigiano e l’Albese – I.c. di San Damiano d’ Asti in
collaborazione con il Museo, il Comune di Cisterna d’Asti (al quale va un particolare ringraziamento) e l’ Aimc di Asti. Durante l’incontro sono stati letti alcuni brani grazie alla disponibilità di Luca Anibaldi. Si tratta di un romanzo postumo rimasto incompleto a causa della morte prematura di Rastello avvenuta nel luglio del 2015. Autore di numerosi libri, si è occupato anche di cooperazione internazionale nell’ex Jugoslavia dove riuscì a salvare centinaia di persone aiutandole a raggiungere l’Italia. La moglie Monica e Maria Grazia Pagliuso, sua amica, lo hanno ricordato come uomo coltissimo ma umile, deciso e animato da gesti di profonda comprensione e umanità. Come ha detto Baricco, era un uomo assetato di esperienze umane. Nel corso della sua vita aveva fatto esperienze diverse ciascuna delle quali è diventata un libro anche se non voleva diventare esperto di nulla. La malattia gli era stata diagnosticata nel 2005 e, ancora una volta, era stato capace di stupire tutti perché, anziché un mese come era stato previsto dai medici, era vissuto altri dieci anni. Era un uomo capace di vedere oltre e di spendersi in prima persona. All’inizio degli anni ’90, mentre il mondo guardava inerme la guerra, decise di ospitare molti profughi bosniaci all’interno della propria casa. Aveva capito, molto prima di altri, che la guerra riguarda tutti. Era inquieto, mobile, curioso ma anche critico rispetto alla posizione da prendere e richiedeva il massimo prima di tutto da se stesso. Il suo pensiero libero, però, gli causò anche numerosi attacchi che lo fecero soffrire molto. Era un uomo scomodo proprio perché non omologabile. Nel 2015 stava lavorando a un progetto sulla malattia. In realtà, il libro è la raccolta di file trovati sul suo pc nella cartella “Progetto grande ospedale”. “Ho pubblicato il materiale che ho trovato – ha detto la moglie – in quanto, anche se incompleto, questo libro aveva ancora tanto da dire perché tutti siamo destinati alla fine”. Il titolo avrebbe dovuto essere “Luce” ma l’ autore lo cambiò, profeticamente, un giorno prima di morire. La “luce”, ha ricordato M. Grazia Pagliuso, era la speranza che Rastello riusciva a intravedere anche di fronte alle avversità. Era un vero resistente, positivo e ironico anche nei confronti delle prove più difficili della vita. In riferimento a quest’ ultima, ogni capitolo è uno spaccato della sua visione del mondo. Voleva toccare i problemi, sporcarsi le mani e il suo giudizio riguardava esclusivamente ciò di cui aveva fatto esperienza. I temi trattati sono diversi: la malattia, l’ amore, la scuola, il volontariato… ma tutti riguardano l’ umanità con le sue contraddizioni, incapace, sovente, di uscire dal proprio piccolo recinto. Parafrasando Buber, Rastello pensava che compito dell’ uomo fosse portare Dio sulla terra attraverso le piccole azioni di tutti i giorni. L’ invito era quello di essere responsabili. Era un utopista concreto che dava un significato preciso alle parole. Per lui, ad esempio, “legalità” e “giustizia” non sono sinonimi perché qualcosa di legale può essere anche profondamente ingiusto se le leggi applicate sono sbagliate (vedi Leggi razziali). Per questo invitava i ragazzi a cercare sempre la giustizia perché esercitare la cittadinanza non vuol dire sventolare una bandiera ma è impegno quotidiano anche nell’ombra. Il libro parla anche di malattia, quella con cui Luca non voleva assolutamente essere confuso. Ha voluto, fino all’ ultimo prepararsi alla morte gustando intensamente la vita, fino alla fine. Commovente la “Lettera alle pulci”, il testamento per le figlie che è un inno alla vita, uno sprone a non arrendersi mai, a vedere l’ altro senza pregiudizi e chiusure… un affettuoso arrivederci perché la morte, in fondo, non è altro che un nuovo viaggio – senza biglietto e bagagli – alla scoperta di ciò che di meraviglioso c’è ancora dietro alla curva.
Giovanna Cravanzola