Articoli del 3 Giugno, 2011

Venerdì,3 Giugno 2011 | Scritto da: govone

Vanessa era una ragazza molto studiosa, una persona che si impegnava a scuola ed aveva ottimi risultati.

Vanessa e i suoi compagni avevano sostituito da poco a scuola il laboratorio di italiano/ matematica con il laboratorio sulle api dove venivano spiegati come sono fatti questi fantastici animali e le loro abitudini.

Vanessa quel giorno aveva due ore di laboratorio sulle api; a lei piaceva molto questo nuovo laboratorio perché le chiariva molti concetti e soprattutto perché aveva una professoressa molto simpatica che la aiutava e la seguiva.

Durante la prima ora di lezione, Vanessa si interessò molto alla spiegazione dell’insegnante e comprese molte cose: quella che più le piaceva era il fatto che le api erano come una famiglia composta da fuchi, api operaie e una sola ape regina (un’ape regina per ogni favo).

Vanessa scoprì molte cose interessanti e curiose anche durante la seconda ora di lezione.

La studentessa tornava sempre a casa molto stanca per la lunga giornata e parlava delle cose nuove che aveva imparato alla mamma professoressa, che ne era molto contenta.

Dopo il racconto alla madre, la ragazza si addormentò subito, riuscì solo a coricarsi nel letto che già dormiva; troppo faticosa ed impegnativa era stata la sua giornata!!!

Improvvisamente, Vanessa si rimpicciolì moltissimo: diventò delle dimensioni di una formica, le spuntarono le ali, il pungiglione e diventò a strisce gialle e nere. Alla fine è diventata un’ape!!!

La nuova apina si ritrova in un favo pieno di miele e di lavoro da svolgere.

All’inizio, la povera apina Vanessa, essendo alle prime armi non sapeva fare nulla, ed era anche molto imbarazzata.

Vanessa subito riuscì a parlare una nuova lingua e si accorse che lì parlavano proprio così.

Vanessa chiedeva: “Cosa devo fare?”: l’ape a cui era rivolta la domanda fece un’espressione molto perplessa, ma le rispose dicendole:”Tu devi fare il tuo primo lavoro, cioè la spazzina, devi pulire le cellette!!!”. Allora Vanessa cercò subito il posto dove fare questo lavoro ma non lo trovò per lungo tempo. Un’apina che la vedeva passare continuamente avanti e indietro le chiese cosa doveva fare, allora Vanessa le rispose che doveva andare a pulire le cellette; la gentile apina l’accompagnò e le insegnò un po’ il mestiere; subito diventarono amiche vere.

Facendo un po’ di pratica Vanessa imparò che doveva pulire bene le cellette perché se non lo avesse fatto bene molte sue compagne sarebbero morte.

Vanessa, essendosi resa conto che questo lavoro era IMPORTANTISSIMO, ne andava fiera!

La nostra apina lavorò sodo per sette giorni.

Un giorno Vanessa vide arrivare la sua amica Elisabetta che la chiamava ad alta voce, dicendole che ora doveva fare la nutrice, cioè allattare e aiutare nella crescita delle larve.

Vanessa ancora una volta andò sul campo di lavoro e scoprì che anche qui il suo lavoro era molto importante, infatti lei doveva occuparsi delle larve appena nate, nutrendole: lei era un po’ come la maestra dell’asilo nido!!

Successivamente, l’ape Vanessa andò a fare il suo terzo lavoro, anche se si trovava molto bene con i piccoli! Fu al dodicesimo giorno che diventò ape ceraiola.

Ancora una volta la sua amica Elisabetta le disse che doveva fare la ceraiola, cioè contribuire alla costruzione del favo. Vanessa imparò molte cose anche su questo lavoro, per esempio che per fare un chilo di cera ci volevano ben sette chili di miele.

Questo altro lavoro terminò al sedicesimo giorno.

Successivamente divenne ape guardiana e come sempre fu informata di questo cambio dalla sua amica Elisabetta.

Vanessa vide spaventata che tutte le apine che facevano questo lavoro indossavano una grande armatura e una grossa lancia. Vanessa, sbalordita, indossò anche lei un’armatura e impugnò una lancia.

Seguì le altre e si ritrovò all’entrata dell’alveare. Le sue compagne le dissero che doveva difendere la loro casetta; imparò che la doveva difendere dalle api di altre famiglie che volevano rubare il miele!!!

“Questo giorno però è troppo caldo” si lamentò un’apina, e in effetti era vero; Beta disse alla sua amica che oggi sarebbe diventata un’ape ventilatrice!!!

Betta spiegò velocemente a Vanessa che ora doveva alzare il suo addome e sbattere veloce veloce le sue ali: in questo modo l’alveare diventava più fresco!!!

Era arrivato il grande momento! Vanessa era diventata un’ape bottinatrice!

La sua amica le disse che era il lavoro più bello, il più divertente! Betta spiegò a Vanessa che ora doveva uscire dall’alveare a raccogliere il nettare dei fiori.

Il giorno dopo poteva andare fuori a raccogliere il nettare!! Vanessa si perse fra i mille e i mille fiori che c’erano nella natura: ne trovava sempre uno più bello dell’altro, uno viola, una rosa, uno blu…

I giorni passarono velocissimi e Vanessa si divertiva moltissimo. Finito quest’altro lavoro Vanessa si innamorò di un fuco bellissimo presente nel loro alveare, allora per svagarsi lei e Betta continuarono (se così si può dire) a lavorare, infatti facevano divertire le giovani api raccontando loro barzellette e facendole giocare all’aperto, vicino all’alveare: loro erano le più amate!!!

La cosa più bella per Vanessa era, oltre all’ultimo lavoro, vedere che una sua allieva diventò una bravissima regina e che fece lei e la sua migliore amica sue prime ministre. La regina inoltre abolì il feromone ciò permise a Vanessa di sposarsi con il suo adorato fuco e fare molte larve.

La regina un giorno invitò lei e Betta a cena per stare un po’ assieme e passare una bella serata.

Quando Vanessa salutò Betta e la regina, di colpo si vide di nuovo diventare grande, spuntare due braccia e due gambe, sparire il pungiglione e le ali, solo ora ricordò…lei era una bambina, non un’ape!!!

Vide vicino al suo lettino la sua mamma che era andata a svegliarla perché doveva fare i compiti e studiare. Appena la bambina riuscì a pronunciare: “Ho fin…”, la mamma le disse: “Oggi ho una sorpresa per te!!”. La mamma continuò: “Ora devo bendarti”. E così la mamma bendò la figliola e la portò nella sua cameretta e, senza che la figlia vedesse, le mise davanti un libro sulle api, l’attrezzatura per andare a raccogliere il miele, un barattolone di gustosissimo miele e infine le disse: “Ora puoi toglierti la benda!!”

La figlia era sbalordita: non poteva credere ai suoi occhi!quello era il regalo dei suoi sogni, che avrebbe voluto da sempre!!!

E come una ciliegina sulla torta la mamma le disse: “Oggi andremo a vedere da un apicoltore le api!!!”

Vanessa era felicissima di quello che la madre aveva fatto per lei!!!

Appena arrivarono, Vanessa mise la sua tuta protettiva e da questa altra esperienza imparò molte cose.

Visto che quella giornata era molto calda, se metteva la mano vicina all’alveare sentiva come un ventilatore: ora capiva, erano le api ventilatrici!!!

Aveva imparto anche che l’ape è un insetto, che il suo corpo è diviso in tre parti: testa, torace a addome. Aveva imparato che loro non vedono come noi, ma leggermente più sfocato perché loro hanno molti più occhi di noi umani e infine che ci sono diversi tipi di mieli tutti squisiti!!!

 

Classe I scuola secondaria di I grado di Govone

Sezione: Museo Govone, Scuole Govone  Parole chiave:  Scrivi un commento
Venerdì,3 Giugno 2011 | Scritto da: govone

Quella delle api è una società ordinata, un esempio di organizzazione tra le più ammirevoli, in cui tutti i membri hanno una funzione ben precisa, importantissima per la vita della comunità.

Melia, però, era un’eccezione: ella era un’ape operaia molto giovane, ingenua, spensierata e molto sognatrice; il suo più grande desiderio era sempre stato quello di viaggiare, scoprire il mondo e un giorno, magari, raggiungere Malta, “la patria del miele”. Era però derisa molto spesso dalle compagne, molto più abili di lei, e criticata e richiamata dalle più anziane. dato che molto spesso non completava il suo lavoro quotidiano e monotono di pulizia delle cellette dell’alveare. Era solita appoggiarsi ad una parete di una cella e guardare gli spazi minimi della struttura dell’alveare che permettevano la visione del cielo azzurro: ella immaginava che dietro all’orizzonte di quel blu si nascondesse un mondo straordinario, libero, misterioso ed incredibilmente diverso da quel rigore seccante dell’alveare.

Melia, per questo, era il simbolo delle api appena nate poiché venivano incuriosite e affascinate dai suoi sogni, dai suoi progetti e dalle sue storie e leggende riguardo all’importanza della civiltà delle api in Egitto e in Grecia in cui grazie ai primi segni di apicoltura si ricavavano il miele e la bevanda dell’idromele.

In tutte le situazioni ed in tutti i diversi compiti Melia costituiva l’eccezione dalla casta delle api operaie:non aveva mai partecipato alla strage dei fuchi, né all’assistenza alla regina durante la deposizione delle uova poiché considerava tutto ciò solamente mezzi per migliorare la posizione lavorativa, ma ciò non era vero: queste sono funzioni vitali per la continuazione della colonia.

Annoiata di questa monotona vita e di essere un semplice atomo che compone un’immensa società, uscì dall’alveare accompagnata da alcune giovanissime api senza il permesso, ma questo comportò un’importante conseguenza: fu richiamata dalla Regina in persona e le fu proibito per sempre di uscire dall’alveare. Annoiata e contraria a questa condizione, con l’aiuto di di alcune apine, elaborò un piano per fuggire. Ella, infatti, approfittò della confusione creata del volo nuziale per avviarsi verso l’uscita; durante questo percorso notò un fuco che stava appollaiato dietro ad un ammasso di cera e Melia si stupì e si avvicinò: questi le disse di non farsi notare perché si stava nascondendo da tutti gli altri membri maschi in quanto non voleva compiere il suo dovere di fecondare la regina. Ella subito dopo scoprì che anche lui era desideroso di fuggire da quel mondo così severo, ma che era poco sicuro farlo, così se ne andò trascurando la possibilità e trascurando il fatto che alcuni giorni dopo sarebbe finita la sua vita in quanto essere ormai inutile, durante il “fuchicidio”.

Quando si accertò che nella zona non ci fosse più nessuno, uscì , finalmente, e attraversando tutto il bosco, saltellando da un fiore all’altro, arrivò nel punto in cui gli alti arbusti finivano e si apriva davanti a lei una distesa di luci, strade asfaltate, “strani alveari rettangolari”: doveva essere quello che da tanto tempo desiderava visitare , quello di cui le più anziane e sagge api raccontavano: il mondo umano.

Entusiasta, incominciò a percorrere le vie del paese, illuminate da alcune luci che riscaldavano in modo eccessivo le tenere ali. Quando iniziò a sentire che queste si appesantivano dalla fatica si distese stanca, ma piena di felicità. Immediatamente si spaventò: sentì una voce tremolante e qualcosa spostarsi nell’ombra, quando capì che esso era una formica che le chiedeva aiuto, in quanto era stata calpestata. Infatti mancava di una zampa, mentre l’addome era lacerato. Melia non aveva mai visto niente di simile e credendo che l’insetto fosse pazzo o pericolosamente malato se ne andò velocemente, confusa. Credeva che in questo mondo fosse tutto perfetto, ma presto si rassicurò pensando che in ogni cosa c’è un’eccezione, come la formava lei nel suo alveare. Così, nuovamente tranquilla e soddisfatta, si posò su un’aiuola intorno ad una fontana e si addormentò pensando agli avvenimenti straordinari che le erano capitati in un solo giorno.

La mattina seguente si svegliò tra i rumori assordanti , l’odore di fumo e di smog provocato da enormi strutture colorate che si muovevano velocemente provocando spostamenti d’aria pericolosi: Melia scoprì per la prima volta il lato caotico e confusionario del mondo umano e, mentendo a se stessa, lo ritenne più bello e libero rispetto al suo mondo di origine.

Per la prima volta vide anche gli umani, dei giganti, proprio come li aveva descritti Flora, un’ape anziana, l’unica che nell’alveare le aveva dato fiducia e l’aveva accudita come una madre. Lasciando da parte il dolce pensiero di quell’ape, iniziò a piegare le ali per inseguire quelle velocissime strutture che, come aquile, percorrevano velocissime le vie; non ebbe, però, il tempo di alzarsi in un volo completo che una grossa palla di carta la colpì. Tra le pieghe di questo ingombrante rifiuto si poteva notare una pubblicità della città, con grandi aiuole, molta tranquillità e due umani che camminavano con un sorriso falso e beffardo. Ora incominciava a capire i racconti delle api anziane, le quali consigliavano, quasi come un obbligo, di non cercare mai il mondo degli umani e, anzi, fuggirne. Melia, colpita, rimase a terra, provando tanto dolore alle ali: ad un tratto si ricordò della formica, dalla quale era fuggita egoisticamente. Per non averla soccorsa si sentì in colpa, abituata ed obbligata nel suo alveare ad una perfetta collaborazione ed a un reciproco aiuto, infatti se lo avesse scoperto la Regina, pensò, l’avrebbe punita.

Dopo alcuni minuti, un’eternità per la sorte di una semplice ape, si rialzò, decisa a continuare quel percorso alla scoperta del mondo umano, convincendosi, ancora una volta, che quello che era capitato a lei e alla formica fosse solo stato un raro incidente.

Schivando gli umani, che non badarono all’ape come se non esistesse, arrivò nella zona più verde della città: facendo questo breve percorso notò che la maggioranza di quei giganti non si era accorta della sua presenza, molti agitarono la mano come per scacciarla ed alcuni addirittura perfino per ucciderla, mentre solo una minima parte di bambini molto piccoli la indicò, spalancando la bocca, curiosi e stupefatti come se non avessero mai visto un’ape.

Raggiungendo un praticello ricco di tulipani, si posò su una margherita: in questo luogo si sentiva quasi nel suo bosco. Questa sensazione di tranquillità, però, scomparve quando vide un gruppo di ragazzi che rincorrendo un inutile pallone, calpestavano delle tenere erbette e dei fiori profumati. Questi erano seguiti da una ragazzina, accompagnata dalla madre, che catturava delle farfalle con un retino che le intrappolava e, come se non bastasse, l’adulta la invitava ad osservarle e così, la bimba analizzava ciascuna delle vittime, afferrandole per un’ala. Quando ciascuna farfalla smetteva di agitarsi e di sbattere le ali, l’umana la buttava per terra con disprezzo. Melia avrebbe voluto intervenire, ma sapeva che gli sarebbe costata la vita.

Finalmente si accorse che razza di mondo era questo: un mondo privo di valori, di rispetto verso la natura, caotico, senza organizzazione, completamente opposto alla società delle api, rigorosa, coordinata e ordinata.

Scoperta la vera realtà provò nostalgia della sua casa, l’alveare: in fondo capì che lei non era fatta per quel mondo, ma per uno più rispettoso e più puro, in cui si ama la natura e in fondo si vuole bene anche a lei, una ingenua e pasticciona ape operaia. Per questo decise di ritornare in colonia, scusarsi ed accettare quella vita che fino ad ora l’aveva fatta sperare in un mondo più libero, che in realtà non esiste, capì che il suo mondo è migliore di qualsiasi altro, mentre quello tanto sognato sarebbe rimasto sempre una speranza.

Era sera e sulla via del ritorno si poggiò su un ramo, ma appena vide l’ultimo degli orrori commessi dagli umani se ne andò immediatamente: due uomini stavano picchiando una bambina, che urlava con una voce fine, come l’urlo che stava facendo la natura di fronte a quella società degradata. Si stupì, rabbrividendo: nell’alveare i fuchi, cioè i maschi, vengono uccisi per permettere la continuità della colonia, per sopravvivere. In questo caso erano gli uomini che stavano facendo del male alla ragazza solo per cattiveria e crudeltà. Si accorse che nella natura un animale uccide solamente per vivere, per difesa, per sopravvivenza, mentre l’uomo uccide per un capriccio, per cattiveria.

Aggiunse un altro aspetto negativo a quella società troppo libera: quello dell’ipocrisia e della cattiveria… ed infatti è vero che nel nostro mondo regna il male, la cattiveria, la guerra e la venerazione per l’apparenza. Dovremmo essere invidiosi, e imparare dall’organizzazione naturale, specialmente da quella delle api.

Fuggì da quel luogo.

Ritornò alla colonia, ricominciò il suo monotono, ma appagante lavoro, ferreo, rigido e dopo quella fuga incominciò a raccontare alle apine di una società distaccata e permissiva: quella umana.

Scuola secondaria di I grado

 

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Venerdì,3 Giugno 2011 | Scritto da: govone

La storia che sto per raccontare è ambientata in un piccolo alveare di campagna, isolato da ogni essere vivente. In quest’alveare vivevano migliaia di api operaie, moltissimi fuchi scansa fatiche, ma tutti sottostavano ad un’unica imponente ape regina. Ora, però, voglio raccontare cosa sta accadendo nella zona delle cellette delle larve. Lì, un’anziana ape operaia sta per mettere a letto una piccola larva, che desidera sentire una bella storia prima di addormentarsi. Per questo l’ape operaia comincia a raccontarle una bellissima storia …

C’erano una volta due api gemelle, completamente diverse fra loro. La prima era una giovane ribelle che nessuno riteneva all’altezza dei suoi compiti, mentre l’altra era un’ape modello, che compiva perfettamente il suo lavoro senza mai dover essere ripresa da nessuno. Ella, però, non lasciava mai spazio al divertimento e per questo non risultava simpatica a nessuno. L’ape ribella si chiamava Libertà, mentre la sorella si chiamava Concreta, anche se tutti la appellavano con svariati dispregiativi a causa del suo carattere molto preciso e, a parere degli altri, troppo educato e poco divertente. Un giorno Libertà si assentò dal suo luogo di lavoro per parlare con un fuco, cosa che nel suo alveare era assolutamente proibita, causando così la morte di un’innocente larva. Durante la sua assenza, infatti, la larva era rimasta sola nella sua celletta ed una volta riuscita ad uscirne cadde nel vuoto morendo così, senza che nessuno se ne accorgesse. Quando Libertà si accorse di ciò che era accaduto si mise a gridare per lo shock provocato dalla vista di quel corpicino innocuo senza vita e perciò tutti si voltarono per vedere ciò che stava accadendo. In quel momento così tragico tutti si rivoltarono contro l’ape operaia incosciente e la portarono dall’ape regina. Quest’ultima, però, ripresasi dallo shock della morte di una delle sue migliaia di figlie comprese che Libertà era veramente dispiaciuta di ciò che aveva causato e chiese anche a sua maestà di essere punita per tutte le sue colpe. L’ape regina, però, non prese alcun provvedimento perché anch’ella, quand’era ancora una giovane ribelle, si era innamorata di un fuco. Ella tentò molte volte di fuggire con il suo amore segreto per tentare di non farlo uccidere, ma puntualmente sua madre la scopriva e la rinchiudeva nella sua celletta. Fu così che la regina non vide più Romeo, il suo amore, e da allora non si perdona ancora il fatto di non essere riuscita a salvarlo. Dopo aver raccontato la sua triste storia a Libertà, le raccomandò di essere più prudente e poi la fece uscire fingendo di averla punita a sufficienza. Nel frattempo Concreta stava svolgendo le sue mansioni quotidiane, quando fu avvertita dell’accaduto ed in quel momento fu disprezzata e derisa da tutti. Ella, però, volò immediatamente dalla sorella che, però, era felice perché aveva compreso che anche la grande Ape Regina era stata una giovane ribelle proprio come lei. Questo le diede molta fiducia ed il giorno successivo spiegò alla sorella che nel loro alveare si sentiva oppressa e priva di iniziativa e le propose di fuggire durante quella stessa notte, quando le api “sentinelle” dormivano. Immediatamente Concreta si rifiutò di fuggire con la sorella in un mondo a loro del tutto sconosciuto. Con il passare del giorno, però, Concreta ripensò a tutta la sua vita nell’alveare, nel quale era sempre stata derisa e lasciata da parte per il suo comportamento troppo educato, fin da quand’era una larva. Per questo decise di fuggire con la sorella, che ne fu sorpresa ma anche molto felice. In quella notte le due sorelle prepararono il piano di fuga e dopo si avviarono per l’alveare. Dopo alcuni minuti dalla loro partenza incontrarono Gemma, una loro amica e collega di lavoro, che chiese alle sorelle dove si stessero dirigendo a quell’ora di notte, ma le due le dissero che per l’accaduto del giorno precedente dovevano lavorare anche di notte. Gemma non era molto sicura che le due amiche le stessero raccontando la verità, ma per la sua buona fede e per la sua profonda amicizia le lasciò proseguire, prima, però, disse loro “ADDIO”, intuendo ciò che stava accadendo. Poi le sorelle si diressero all’uscita, dove, però furono scoperte dalle sentinelle, che cercarono di catturarle, senza però riuscirci. Concreta e Libertà furono così finalmente libere di volare verso un nuovo mondo, attraverso sconfinate pianure, i cui fiori stavano sbocciando per la primavera, così come le due sorelle stavano iniziando una nuova vita. Dopo varie ore di volo le due arrivarono finalmente in città, che non era però come le api operaie si aspettavano. Essa, infatti, non era un’”isola”felice come tutti raccontavano ma era un luogo il cui ritmo era insostenibile per tutti, tanto meno per degli esseri così fragili e minuti come delle api. In quella città non erano presenti alberi e tanto meno fiori, rendendo così quel luogo colmo di tristezza e di malinconia e rendendo così impossibile la vita ad uno sciame di api. Quella città era colma di sporcizia dovunque si guardasse e l’inquinamento dominava su tutto come un sovrano insormontabile ed non eliminabile. Ad un certo punto Libertà sentì un grido fortissimo provenire da dietro un cassonetto e si diresse subito lì per vedere ciò che stava accadendo. Arrivata capì che una banda di ragazzi stava picchiando un bambino innocente, che non aveva possibilità di scampo. Per questo si mise subito al lavoro e tentò di pungere un ragazzo, anche a costo della sua stessa vita, ma questo la colpì con una mano, facendola così atterrare inerme sul marciapiede. Concreta, visto l’accaduto, presa dal panico accorse immediatamente dalla sorella, che però le disse di salvare quel povero bambino. Perciò ella corse subito in aiuto di quel ragazzino e, cercando di colpire un ragazzo, che era allergico alle api, riuscì a far fuggire quei bulli. Il bambino, sanguinante ed in lacrime, ringraziò la sua piccola eroina e poi corse a casa. Concreta si diresse verso la sorella, la quale però si era già ripresa ed insieme ripresero il loro viaggio, che ora si presentava molto difficoltoso. Le due sorelle si diressero poi in prossimità di un albero eremita, le cui foglie erano appassite ed il cui respiro era molto affannoso. Libertà e Concreta andarono a vedere l’albero ed egli, capendo che le giovani api erano nuove di quel posto, disse loro di fuggire da quella trappola vivente, la cui aria era stata inquinata da quegli esseri spregevoli, che giorno per giorno causavano l’avvicinamento precoce delle loro morti. Egli spiegò che un tempo quel luogo era abitato da esseri felici che vivevano nella natura incontrastata, senza l’uso di materiali e di strumenti i cui usi causano l’inquinamento e la morte di ogni essere vivente della natura. Dopo, il saggio albero mise in guardia le due api, dicendo loro di fuggire perché rischiavano di essere uccise per disattenzione, o per pura crudeltà, così come gli uomini facevano insensatamente anche fra di loro. Infatti, lì accanto a loro si stava svolgendo un fatto che farebbe rabbrividire anche il più insensibile degli uomini. Una donna in cinta era picchiata dal suo stesso marito, che lo faceva solo perché la povera donna gli aveva chiesto di aspettarla. Egli, ubriaco fradicio e sotto l’effetto della droga, aveva cominciato a picchiarla con calci e pugni, causando così la sua morte, ma anche quella della loro futura figlia. Anche nell’alveare i fuchi venivano uccisi, ma non per piccoli screzi, bensì perché la loro presenza all’interno dell’alveare era irrilevante e perché le loro presenze pesavano a discapito della vita dell’alveare. Ciò che era accaduto aveva terrorizzato le due povere api, che si misero a fuggire da quel mondo tanto sognato, ma ora molto disprezzato. All’improvviso Libertà fu colpita da un uomo che, tentando di ucciderla, la colpì con un giornale. La povera ape operaia perse il controllo delle sue ali,finendo così incastrata in una gomma da masticare spiaccicata sul marciapiede. Libertà svenne momentaneamente, ma in quel preciso istante rischiò di essere travolta da un uomo che stava camminando, fino a quando Concreta, disperata per ciò che stava accadendo, la salvò con un gesto avventato, ma necessario affinché la vita della sorella potesse continuare. Da quel momento, come per incanto,le sorelle si trasformarono interiormente in due altre persone. Libertà comprese che la vita non deve essere sprecata inutilmente, ma che deve essere utilizzata a favore delle persone che ne hanno più bisogno. Concreta, invece, comprese che non doveva sprecare la sua vita solo per svolgere i soliti fatti quotidiani, ma che doveva utilizzarla per aiutare gli altri a crescere, senza però dimenticarsi di se stessi e farsi “calpestare”. Per questo motivo Libertà decise di ritornare all’alveare, per aiutare le povere larve a crescere forti e vigorose. Concreta, invece, decise di proseguire il suo viaggio, fino a quando non avrebbe capito come utilizzare la sua vita a favore di quel mondo buio, violento ed inquinato. La separazioni delle due sorelle fu molto dolorosa, perché solo allora erano riuscite a comprendere il modo di vivere reciproco e solo allora avevano capito che ogni metodo di lavoro è importante per la riuscita di uno scopo comune. Dopo, con lo sfondo del tramonto, ognuna si diresse verso la propria meta, una ad est ed una a ovest, e fu così che due sorelle compresero lo scopo per cui volevano vivere ed il loro obiettivo ora era comune: L’ALTRUISMO.

FINE

P. s. : Mi sono dimenticata di dire che, alla fine, l’anziana ape operaia ha confessato alla piccola larva che Libertà, una delle due protagoniste del racconto, era proprio lei e da allora non aveva più visto o sentito la sua amata sorella Concreta. Sapeva però con certezza che ora le loro vite avevano un senso ed entrambe avevano realizzato il sogno di una vita.

Govone Scuola secondaria di I grado

 

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Venerdì,3 Giugno 2011 | Scritto da: govone

Sono le 20.30 e sta per iniziare una nuova puntata del programma televisivo “TUTTI PAZZI PER IL MIELE” ,in cui la conduttrice si collegherà con l’inviato speciale per l’intervista della settimana.

- Buonasera ! Benvenuti a “ Tutti pazzi per il miele “ ! Puntata imperdibile… Stasera grande intervista ! La migliore ape operaia della colonia 006 ,fuggita dall’alveare, torna e ci racconta la sua esperienza… Colleghiamoci col nostro inviato Cuor di miele .

- Buonasera numerosi spettatori , ho qui con me l’ape operaia Girasole che due settimane fa è scappata dal suo alveare …Sentiamo le sue parole sull’avventurosa esperienza.

- Ciao a tutti! Sono l’ape Girasole e vi racconto cosa mi è successo… Basta ! Non ne potevo più della mia vita , era troppo noiosa , banale , senza divertimento… Tutte le mattine mi dovevo alzare alle 4.30 e , ancora assonnata , dovevo sgobbare tutto il giorno: nutrire le larve con la mia superpappa reale , fatta esclusivamente con ingredienti biologici , scelti accuratamente dai migliori fiori , pulire le cellette e renderle perfette con le mie zampine , costruire i favi con la mia cera morbida e compatta, proteggere le apine e ventilarle con le mie alucce sottili … e poi quel terribile momento… quando dovevo trafiggere i fuchi con il mio pungiglione…che orrore!!

- Bene Girasole …ma spiegaci adesso com’è il mondo umano che tu hai potuto conoscere !

- Allora , due settimane fa ho preparato le valigie e nella notte sono scappata , senza farmi sentire dalle altre api; dopo molte ore di volo duro e faticoso sono giunta sopra un tetto e… ho visto il mondo umano !!! Era tutto gigantesco in confronto al nostro piccolo alveare! Senza perdere tempo sono andata a cercarmi un posticino dove dormire , per poi trasformarlo nella mia casetta. Dopo aver girovagato per più di un’ora , sfinita, ho scorto una piccola fessura in un luogo non troppo rumoroso, stavo quasi per entrarci, quando un grosso aggeggio appiccicoso mi ha incollato le ali: ero disperata, mi divincolavo e vi giuro che ho avuto cinque minuti di “fifa blu” , ma poi , calmandomi , ho estratto dalla mia valigetta un rametto con il quale sono riuscita a staccarmi da quel grosso oggetto rosa, appiccicoso, dall’odore dolciastro, impregnato di saliva… chissà cos’era ? .

Dopo essere entrata nella fessura , ho subito sistemato la mia nuova casetta e con un po’ di cera mi sono costruita un lettino caldo e morbido: stavo benissimo!!! Stanca com’ero , ho dormito di filato per un bel po’. Alle prime luci dell’alba mi è venuto un certo languorino e sono uscita per cercare del nettare… ma procurarmi del cibo non è stato facile! Ho aperto la mia enciclopedia portatile su come vivere in una città degli umani e a pagina 324 ho trovato alcune indicazioni… Prima di tutto bisognava cercare dei fiori , ma io non ne vedevo neanche l’ombra!!! Appena cercavo di volare più in basso gli umani scappavano da me… ma ero io ad avere paura di loro , non loro che dovevano avere paura di me: ero alta più o meno la metà del loro mignolo!! Dopo un’accurata ricerca, sono giunta finalmente in un grande giardino dove c’era un cartello con su scritto: “ Area bambini, parco di divertimento”. Vedete signori… io non so leggere nella lingua degli umani , ma mi ero portata il dizionario che serviva per tradurre la lingua “ apesca” in quella “umanesca” .

Come vi stavo dicendo prima, dopo una lunga ricerca, ho trovato dei fiori, ma nella mia enciclopedia c’era scritto che quelli di città sono molto inquinati e del loro nettare non bisogna fare scorpacciate, altrimenti si rischia di avere dei forti mal di pancia che , non curati in tempo , possono causare la morte ! Allora mi sono preoccupata tantissimo, perchè io avevo davvero molta fame, ma per quel giorno mi sono trattenuta ed ho consumato un pasto davvero modesto. Durante quella prima giornata però , i guai sono stati sopportabili !

Intanto i giorni passavano ed io mi guardavo intorno curiosa… Così, gente, ho potuto constatare che le città degli umani sono…orripilanti! Innanzitutto ci si può trovare in mezzo alla sporcizia e alla puzza… Che differenza in confronto ai nostri alveari sempre lindi! E poi sono così grigie, senza alberi ! Ci sono delle costruzioni enormi dove vivono gli uomini che chiamano “condomini” o “grattacieli” e ci sono le vie … grandi … che dico… grandissime!!! dove sfrecciano mezzi colorati con quattro ruote o con due: fantastico , vanno avanti quasi da sole, ma producono un rumore assordante! In più si vedono degli aggeggi lunghi come enormi scatoloni con tanti cartelloni appiccicati che si spostano grazie alle ruote o a un filo che credo contenga sostanze speciali ! In questi enormi viali si trovano anche tante “vetrate” attraverso cui si notano oggetti di ogni tipo : morbide e calde stoffe colorate .. i cosiddetti negozi di “abbigliamento” ; scatole nere su cui scorrono figure velocissime e oggetti più piccoli con diversi tasti , i preferiti dai ragazzi , che li tengono comodamente nelle loro tasche … i cosiddetti negozi di “elettronica” . I più curiosi però sono i “supermercati” : enormi negozi colmi di cibo di tante forme e gusti diversi,posto su ripiani, vicino al quale è esposto un cartellino con su scritto un certo numero di cifre ; in questi negozi giganteschi si può trovare di tutto: oltre al cibo , i cosiddetti “detersivi “ , oggetti per il “giardinaggio” , “giocattoli “… In più sono esposti degli enormi cartelli con su scritto

“ offerta “ o “promozione” e ogni minuto si sente al microfono qualcuno che dice frasi incomprensibili…Buffo no?

Man mano che i giorni passavano, il mio mal di pancia aumentava moltissimo, in più, spesso ero sbattuta di qua e di là dai turbini dei gas di scarico delle automobili che mi intossicavano e mi facevano tossire tutto il giorno… Il mio organismo si stava riempiendo di sostanze nocive … AIUTO!!! Ero in un momento di panico , in più gli umani mi davano continuamente sberle, alzando mani, riviste, giornali e quando pioveva mi picchiavano anche con gli ombrelli! Ero sfinita, mi sentivo morire a forza di mangiare poco e per tutti i problemi che mi causava l’uomo… Così dopo i primi giorni di curiosità , ho cominciato a provare disgusto per quel luogo e , non avendo più energie, ho deciso di tornare al mio alveare. Là avrei dovuto lavorare tutto il giorno e alzarmi presto al mattino , ma la mia regina Clarion mi avrebbe accolto ad… ali aperte … aveva sempre tenuto molto a me! In quel momento ho capito che mi ero comportata da vera egoista ; allora in fretta e furia ho rifatto le mie valigie e , consumando le ultime forze, sono ritornata all’alveare.

Vi ho trovato due api guardiane che , appena mi hanno vista ,mi hanno abbracciata e poi hanno chiamato tutte le altre, che sono subito accorse, hanno esultato e poi mi hanno circondato perché raccontassi loro dove ero stata! La regina però si è accorta che ero stanca e stavo male e quindi mi ha accompagnato nel nostro ospedale. Lì sono stata accudita e protetta per ben due giorni e oggi sono finalmente qui a parlare con voi api spettatori e spettatrici di tutto il mondo!

- Allora Girasole… vuoi concludere il discorso con qualche consiglio ?

- Si , vorrei dire a tutto il pubblico che a volte siamo attratti dalle esperienze più strane, dalle avventure più eccitanti… Così per me andare a vivere nella città degli umani è sembrata una gioia immensa , ma questo vuol dire mettere a rischio la propria vita , quindi credo sia meglio apprezzare ciò che si ha e svolgere con cura i compiti che ci sono affidati.

- Ma secondo te, Girasole , gli uomini sono migliori di noi api?

- Secondo me no , la loro società è completamente diversa dalla nostra, noi viviamo in piccole colonie dove tutti si conoscono, si aiutano e si integrano a vicenda per la sopravvivenza della comunità, mentre gli uomini vivono in luoghi giganteschi dove le persone non si conoscono neanche e spesso non collaborano tra loro, anzi c’è chi cerca di ottenere di più a spese di altri… Ho sentito parlare di violenza, di intolleranza e anche di guerre…

- Ecco perchè la nostra amica ha deciso di far ritorno all’alveare …Grazie Girasole per la tua testimonianza! Con queste parole vi restituiamo la linea e vi aspettiamo la prossima settimana per un’altra intervista sensazionale!

- Bene amici , abbiamo appena ascoltato le sagge parole di Girasole! Il nostro programma finisce qui , vi aspettiamo come sempre domani alle 20.30 per una nuova puntata di “Tutti pazzi per il miele!”. Arrivederci e buona serata a tutti!

Scuola Secondaria di I grado

Sezione: Museo Govone, Scuole Govone  Parole chiave:  Scrivi un commento