Mercoledì, 30 Marzo 2016 | Scritto da: govone

PRIMA SEQUENZA – La colpa

C’era una volta, nel lontano Castello di Govone, una regina di nome Vittoria che viveva insieme al marito, Giovanni e ai loro sette figli: Luigi, Silvano, Francesco, Giacomo, Maria, Antonietta e Margherita.

Entrambi i sovrani erano fieri dei loro figli, ma, soprattutto la Regina amava lodarli e vantarsene pubblicamente in ogni occasione. Luigi era erculeo, molto bello, ma poco intelligente; Giacomo era il più debole di tutti, ma amava studiare e conosceva tante cose; Silvano era sportivo e partecipava sempre alle gare di tiro con l’arco; Francesco amava la natura e coltivava un piccolo terreno ricavato nel giardino; Maria era un’ottima sarta; Antonietta era appassionata di moda ed era la più pettegola; Margherita (come sottolinea anche il suo nome) amava i fiori e, in particolar modo, i tulipani rossi.

Un giorno la Regina Vittoria decise di inviare un messaggero per invitare tutti i nobili del regno suoi amici ad un ricevimento reale. I cuochi prepararono un grandissimo banchetto ricco di dolci, salatini e altre squisitezze, mentre gli arredatori reali decorarono il salone delle feste e l’entrata principale con festoni bianchi e azzurri. Infine, i giardinieri furono impegnati a potare gli alberi e le aiuole del giardino, a cambiare l’acqua alle fontane e a pulire il viale principale da cui sarebbero arrivati gli ospiti.

Dopo aver fatto accomodare le nobili donne sue amiche, sorseggiando un buon thè caldo, la Regina Vittoria cominciò: “Allora, raccontatemi un po’…come stanno i vostri figli?” Una donna fece per rispondere: “Bene, pensa che l’altro giorno…” Ma venne subito interrotta, come sempre, da Vittoria: “Oh, i miei figli! Pensate, ieri hanno vinto una gara di caccia e poi…” E come tutte le altre volte non si poté parlare d’altro che dei figli della Regina.

SECONDA SEQUENZA – La rabbia

Non lontano da Govone, vi era un altro regno, quello di San Martino Alfieri dove viveva la Regina Elide. Il suo castello era bello quanto quello della Regina Vittoria: aveva un grande giardino rigoglioso di rose colorate e uno stagno dove nuotavano tre piccole anatre (Qui, Quo e Qua) e pesciolini rossi; all’interno del parco scorrazzava il cane Asso.

All’interno il castello era ricco di quadri rappresentanti membri della famiglia di Elide, venuti a mancare negli anni e che avevano reso potente il regno; le pareti erano ricoperte di affreschi colorati e le stanze erano curate nel dettaglio.

Elide era sposata, ma non aveva ancora avuto figli, era di origine francese, era alta, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Il suo carattere era piuttosto severo, serio e vendicativo.

Dopo la nascita dei sette figli di Vittoria, il rapporto tra le due regine, da amichevole divenne freddo e sempre più difficile: Elide tollerava a fatica il nuovo atteggiamento dell’amica e i suoi continui tentativi di vantarsi delle sue creature. Così, un giorno, non potendo più sopportare la situazione decise di vendicarsi e di far rapire i figli della Regina Vittoria.

Convocò in fretta e furia i suoi soldati e disse: “Soldati, da anni sopportiamo l’egoismo e la presunzione della nostra vicina ed è venuto il momento di farle capire i suoi errori e punirla per quello che ci fa sopportare: andate a rapire i figli della Regina Vittoria! Ve lo ordino!”

I soldati accettarono l’impresa e chiesero: “Dove troveremo i figli della Regina?” Ed Elide rispose: “Andate sulla collina più alta di Govone, oltre le mura del castello si trova Vittoria con tutta la sua famiglia. Sono soliti trascorrere il tempo nel giardino. Non deludetemi!”

Agli ordini Maestà” E i soldati partirono.

TERZA SEQUENZA - La vendetta

Nel castello di Govone, intanto, i sette figli della Regina Vittoria trascorrevano il loro tempo libero nel parco reale. Il giardino era ricco di fiori di ogni specie e un labirinto di siepi circondava un tranquillo laghetto di acqua cristallina e con numerosi pesci.

Giacomo cavalcava con Silvano, mentre Francesco e Luigi si allenavano per il prossimo torneo di tiro con l’arco; Maria, poco lontano, ricamava all’ombra di un albero secolare e Antonietta, la più piccola giocava con le sue bambole; Margherita era intenta a raccogliere tulipani rossi canticchiando una dolce melodia.

Al tramonto, mentre tutti erano assorti nei loro passatempi preferiti, arrivarono i soldati per portare a termine il piano della Regina Elide. Dopo aver preso la strada che passava tra gli alberi del sottobosco, un gruppo di soldati preparò una trappola tirando delle corde tra un albero e l’altro, scavando delle buche nel terreno e mettendoci dentro dei grandi sacchi vuoti. Dopo aver ricoperto le buche con foglie secche si misero ad aspettare l’arrivo dei giovani. Un altro gruppo di soldati salì fino al giardino e si fece vedere dai ragazzi che, presi dallo spavento cominciarono a correre all’impazzata proprio verso al luogo dove, tra gli alberi, era stata preparata la trappola. Inconsapevoli di tutto finirono nelle buche scavate dai soldati, furono rinchiusi nei sacchi e vennero portati verso il castello di San Martino.

QUARTA SEQUENZA – La comprensione dello sbaglio

Mentre nel giardino si consumava il rapimento, la Regina Vittoria stava riposando nella sua sontuosa camera da letto e non si accorse di nulla. All’ora di cena, però, non vedendo rientrare i suoi figli, si preoccupò e cominciò a cercarli per tutto il castello.

Quando ormai, al culmine della disperazione, si era convinta che fosse successo qualcosa di grave, tornò in camera sua e vide sul comodino una lettera misteriosa che aveva il sigillo reale di San Martino:

Cara regina,

ti volevo dire che ho rapito i tuoi figli per punirti della tua superbia e del male che hai fatto a tutti noi da quando non parli e non pensi ad altro che hai tuoi figli. Sei una Regina, hai dei sudditi di cui prenderti cura e non puoi pensare solo a te e alla tua famiglia! Ora è venuto il momento che tu capisca i tuoi errori e che soffri per questo! Solo quando avrai sofferto abbastanza deciderò cosa fare dei tuoi figli.

Chi sbaglia paga!

La Regina Elide

Non appena ebbe finito di leggere la lettera Vittoria, disperata, perse la ragione: prese un pugnale dal cassetto e se lo sarebbe conficcato nel petto se non fosse arrivato in quel momento il suo caro marito, Giovanni. Il Re e la Regina parlarono a lungo e capirono che Elide, forse, non aveva tutti i torti a lamentarsi del loro comportamento.

QUINTA SEQUENZA – La risoluzione

Vittoria si convinse ad andare personalmente a chiedere scusa all’amica di San Martino, che, vedendo il pentimento e presa da compassione decise di riconsegnare sani e salvi i figli alla madre.

Le due Regine, riappacificate, decisero allora di organizzare una grande festa al castello di Govone invitando tutti i nobili e gli abitanti dei due paesi confinanti. Furono chiamati i musicisti più bravi del Piemonte, venne allestito un sontuoso banchetto con i cibi più pregiati che si riuscirono a trovare e la sala delle feste venne decorata con fiori e festoni, come non si erano mai visti, in onore della Regina Elide.

Quando tutti gli invitati furono arrivati, Vittoria salì sul palco e cominciò: “Buonasera a tutti signore e signori, sono lieta di avervi qui a festeggiare con me ed Elide la nostra amicizia rinata e rinnovata. Ringrazio la mia cara vicina per avermi insegnato a non vantarmi di ciò che ho e ad avere rispetto per chi è meno fortunato. Ora che ho capito il mio errore chiedo ancora scusa a Elide e a tutti voi per essere stata così egoista e, finalmente, possiamo dare inizio alle danze!”

Alla fine della giornata, rimasta sola nella sua stanza, la Regina Vittoria ripensò a quanto accaduto e, essendo una grande lettrice e appassionata di miti, capì che la sua storia era simile alla tragica vicenda di Niobe e decise di rappresentare quest’ultima nel salone delle feste del suo castello a ricordo dell’insegnamento ricevuto.

Alunni della  classe IA della scuola secondaria di I grado di Govone

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